Algeri.Se all’interno del commissariato si festeggia la definitiva scomparsa del terribile bandito Pépé le Moko, là nella Casbah i suoi “colleghi” ne rammentano le gesta, chiedendosi come poter dar seguito alla loro attività criminale ora che il carismatico capo non c’è più.
La compagna di Pépé, Suleima (Carla Calò), sembra avere l’intuizione giusta, ricercare un parente che possa esserne degno successore: vi è infatti un lontano cugino, risiede a Napoli, si chiama Antonio Lumaconi (Totò), un “uomo orchestra” ambulante, ed è ovvio che non stia più nella pelle una volta letto nella missiva inviatagli di recarsi al più presto nella città magrebina per dirigere una banda composta da ottimi elementi …
Nell’adeguarsi, dopo gli equivoci iniziali (si va avanti, efficacemente, sul piano dell’ironia, per almeno venticinque minuti, giocando su termini quali “banda”, “fughe”, “tromboni”, “gazza ladra”), alla nuova situazione di bandito esemplare, grazie anche ad un unguento che gli conferisce una forza prodigiosa, Totò ben incarna nella sua arte d’arrangiarsi, adeguandosi alle circostanze, l’uomo del popolo, non ancora “uomo medio”, che lotta con furbizia per soddisfare i bisogni primari, sopravvissuto alle storture e brutture dittatoriali e belliche, affidandosi ora alle proprie forze, ora alla provvidenza per poter continuare a stare al mondo e trovando, forse in virtù di tali sforzi, adeguata ricompensa e soddisfazione finale.
Tra le scene da ricordare, oltre i suddetti equivoci iniziali, l’apertura, con la bellissima Mazurka di Totò (il testo è suo), la danza apache, il duello col “risorto” Pépé (Carlo Ninchi), senza tralasciare alcuni calembour, a volte fini a se stessi (“Dove avete intenzione di condurmi a quest’ora?”; “In questura, dal questore”; “E il questore in quest’ora è in questura?”), altre con riferimenti all’attualità (“Qui sono tutti tolleranti. Questa è una Casbah di tolleranza. Con l’aria che tira finirà che la chiuderanno”), semplicemente ironici (“Tutti i giorni nella Casbah… Non sei un tipo casbahlingo”) o chiaramente sfottenti nel mettere in riga chi si concede arie da superiore (“ Ma lo vuol capire? Lei è un cretino! Si specchi e si convinca”).
Grazie alla sua valida costruzione complessiva, il film diverte e suscita risate ancora oggi: se poi siano meglio queste totoate, come all’epoca la critica definiva tali pellicole, in senso dispregiativo, o i lavori più “composti” che verranno in seguito, è questione ancora aperta, per quanto lo scrivente apprezzi in egual misura ambedue, notevole espressione di una duttilità nell’estro comico, capace di molteplici sfumature, non comune e difficilmente ripetibile.
Grazie Principe, da bambino come “da grande”, e credo di poter parlare a nome di tante altre persone, i suoi film mi hanno sempre reso lieta compagnia, regalandomi l’arte del sorriso e la consapevolezza del buonumore.