In questi giorni sto facendo soprattutto “archeologia letteraria”. Vale a dire che ho recuperato due miei vecchi romanzi incompiuti, uno del 2011 e l’altro (molto corposo) del 2012, li sto rileggendo e valutando. Se è ancora possibile sistemarli, finirli e commercializzarli, avrò due uscite totalmente impreviste, da piazzare nell’arco del 2014, oltre a quelle già citate nella rubrica ebook in progress. Per ora però non ne parlo. Magari tornerò in argomento proprio in concomitanza del prossimo post di questa rubrica, a fine febbraio/inizio marzo.
Il fatto è che a fare soltanto editing mi annoio da morire. Ho bisogno di scrivere qualcosa di nuovo, di non eccessivamente lungo (non un romanzo), che non mi faccia perdere l’abitudine.
Non si può trattare di uno dei miei progetti aperti (né il quarto capitolo de La Lancia di Marte, né il terzo de I Robot di La Marmora). In entrambi i casi ho innanzitutto bisogno di una lunga fase di documentazione e programmazione, invece la mia esigenza – in questi giorni – è di scrivere senza interruzioni, per alleggerire la mente.
Allora ho deciso di provare una scrittura d’impulso. Cosa già tentata in passato, tra l’altro.
Il piano: pochi giorni per scrivere una novelette (diciamo tra le 15.000 e le 20.000 parole), pochi giorni per editarla, il tempo di rimediare una copertina, e via sul Kindle Store.
Da lunedì scorso sono impegnato in questo esperimento.
Il romanzo breve sarà un horror atipico, idealmente orientato sulle linee guida del mio scenario Italia Doppelganger, ma autoconclusivo e indipendente.
Al momento ho un titolo provvisorio – La Corte di Paracelso – e circa 12.000 parole già scritte.
Se oggi tutto va come dovrebbe, mi porterò questo primo plico di pagine, stampate su carta, in montagna. In pace e al silenzio me le rileggerò e le editerò, godendo tra l’altro di un prezioso aiuto esterno. Settimana ventura dovrei concludere la stesura e occuparmi della seconda parte dell’editing, salvo contrattempi.
Ottimi consigli per scrivere bene al computer. Ne seguo pochissimi.
Ma che scopo ha, un esperimento di questo tipo?
Forse nessuno, ma a me piace pensarla diversamente.
Innanzitutto, come dicevo, mi serve per allentare la noia di un lungo periodo in cui mi sto occupando quasi unicamente di revisionare cose vecchie, e quindi necessitanti di radicali modifiche.
Secondariamente, un esperimento del genere mi insegna un bel po’ di disciplina.
Mi sono imposto di non scrivere meno di 3000 parole, finché non avrò completato la prima stesura. Alcuni giorni sforo abbondantemente le 4000, al lordo di quelle che poi dovrò tagliare. Non è facile, anzi, è parecchio stressante, ma serve a darmi il ritmo, a distrarmi dalle distrazioni (buffo, vero?).
Terza cosa: nel corso dell’esperimento la mente lavora fissa su un obiettivo, riuscendo ad analizzare dettagli, plot twist e particolari che, in un periodo di scrittura cronologicamente più dilatato, mi sfuggirebbero più e più volte. Alla fine della scrittura de La Corte di Paracelso avrò il cervello fumante, ma il lavoro risulterà molto inteso e – spero – intrigante.
Non solo: per alzare la posta, ho creato un protagonista molto diverso dai miei standard (sì, tutti noi scrittori abbiamo degli standard, più o meno consciamente). Ho anche inserito elementi che di solito lascio più defilati e sfumati, tipo una certa morbosità malata, oserei dire quasi Cronenberghiana.
Il risultato finora mi sembra godibile, ma questo semmai me lo confermerete voi, a cose fatte.
Non so se tutto ciò può interessarvi. Magari sì, magari no. Tuttavia forse può essere utile e divertente svelare un po’ di segreti del mestiere, di tanto in tanto. Che poi ciascuno ha i suoi, ovviamente. Un giorno o l’altro dovremmo confrontarci…
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Alex Girola – follow me on Twitter