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Tour de France 2014, Una Grande Boucle per tre
Creato il 02 luglio 2014 da Bigfruit @ciclismonelcuorIn più ci saranno ottimi outsider come Andrew Talansky e Rui Costa, recenti trionfatori di Giro del Delfinato e Giro di Svizzera, e mettiamoci pure Bauke Mollema che proprio in Svizzera ha mostrato un’eccellente fase di crescita.
Ma veniamo ad analizzare il percorso che la prossima Grande Boucle ci offre. Come detto, analogamente al Giro d’Italia appena disputato, si parte dalla Gran Bretagna, stavolta da Leeds. Niente cronoprologo ma, come già l’anno scorso in Corsica, una tappa in linea che chiamerà alla ribalta i velocisti migliori al mondo, tutti ai nastri di partenza alla corsa francese (fatta eccezione per Nacer Bouhanni, vincitore di tre tappe al Giro ma al quale la FDJ ha preferito l’altro giovane sprinter Arnaud Démare).
La seconda tappa York-Sheffield presenta già un profilo “ardennese” che potrebbe muovere la classifica, anche grazie ad un ultimo strappetto a 5 km dall’arrivo che probabilmente ispirerà qualche finisseur. Infine, per quanto riguarda l’isola inglese, un’ultima frazione da Cambridge a Londra, di nuovo per velocisti. Si entra quindi in Francia, dipartimento Pas-de-Calais, con una nuova occasione per ruote veloci a Lille.
La quinta – temutissima – tappa è quella del pavé: 156 km che portano da Ypres (zona di feroci combattimenti della Grande Guerra, nel centenario del suo inizio) ad Arenberg, gli ultimi 70 km, tra cui Mons-en-Pèvele e Bersée: servirà la massima attenzione, una banale caduta sulle pietre potrebbe pregiudicare il proseguo del Tour per gli uomini di classifica, generalmente non abituati a queste strade. Dopo i traguardi di Reims (dolci ricordi per Petacchi, che qui vinse nel 2010, ma che al Tour fungerà da ultimo uomo per Cavendish) e Arras, ecco i Vosgi. La catena montuosa dell’Alsazia – regione a lungo contesa tra Francia e Germania – è stata riscoperta di recente dall’organizzazione del Tour de France, che per molti l’ha sostanzialmente dimenticata, escludendola tout court o facendovi disputare tappe interlocutorie, destinate all’esito positivo di fughe da lontano ma senza battaglia tra i big della classifica. E pensare che il Ballon d’Alasace, colle simbolo di questa regione, fu la prima vera montagna affrontata dal Tour agli albori della sua storia. Venendo al dunque, la Tomblain-Gerardmer si presenta piatta per 130 km circa, poi tre brevi salite la muovono nel finale, con l’arrivo di Gerardmer in cima ad uno strappo che chiama a prima vista Valverde, Rodriguez, Sagan o Gilbert, ma che a mio giudizio dà buone chance anche per il nostro Matteo Trentin.
La nona tappa arriva a Mulhouse. Il ricordo non può che andare all’ultima cavalcata trionfale della carriera di Laurent Fignon, al Tour ’92, sulla quale Gianni Mura scrisse per La Repubblica un pezzo favoloso intitolato “Le montagne innamorate del professor Fignon”. La tappa regina di questo trittico alsaziano è però la decima, Mulhouse-la Planche des Belles Filles: frazione complicata, con ben sei GPM e arrivo sulla salita scoperta due anni fa con la vittoria di Froome, con il suo durissimo ultimo chilometro. Non ci saranno distacchi abissali, ma i big saranno senza dubbio chiamati alla battaglia. Dopo il primo riposo, si prosegue verso sud, per arrivare ad Oyonnaz e poi a Saint Etienne (tappa spesso ostica) alle Alpi. La prima frazione alpina arriva in salita a Chamrousse dopo tanta pianura. La seconda vorrebbe essere un tappone, con Col de Lautaret, Col d’Izoard, e traguardo sulla difficile salita di Risoul. I km sono però soltanto 177. Verosimilmente, i giochi si faranno sulla scalata finale, in quanto i lunghi fondovalle tra un colle e l’altro inibiranno velleità di altro genere. L’alternativa, per i capitani, è muovere bene le proprie squadre, in modo da non rimanere al vento nelle vallate: Nibali e Contador, in questo, dovrebbero essere superiori alla Sky di Froome.
Il trasferimento da Tallard a Nimes nella quindicesima tappa – con buone chances di fuga che vada in porto – condurrà rapidamente ai Pirenei, con la Carcassonne-Bagnéres de Luchon tutta piatta, ma con il Port de Balés prima della picchiata sulla località termale pirenaica. La tappa 17 va da Saint Gaudens a Saint-Lary-Soulan: tappa brevissima (125 kkm) infarcita di salite non tremende, come il Portillon, l’ormai tradizionale Peyresourde e Val Louron, prima del selettivo traguardo in quota. Salutiamo le montagne con la Pau-Hautacam: il consueto “inchino” a Pau – sede di arrivo più frequentata dal Tour dopo Parigi, ma che sarebbe meglio utilizzare sempre come partenza – conduce dopo 75 km a Campan, nota per la produzione di bambole artigianali. Da lì, inizia il Col du Tourmalet, salita celeberrima e altrettanto dura, lunga venti chilometri. La discesa del Tourmalet, dopo Luz-Saint-Sauver, digrada in un fondovalle di 15 km che conduce all’imbocco di Hautacam, la salita sopra Lourdes, molto dura e che negli anni recenti è stato teatro di importanti svolte. Basti pensare al 1996 quando Riis detronizzò Indurain dopo cinque anni i dominio, o al 2000 qaundo Armstrong staccò Pantani in salita.
Una nuova tappa interlocutoria farà da preludio all’unica cronometro di questo Tour, la Bergerac-Periguex, di 54 km, per specialisti, che metterà la parola fine sulla lotta alla maglia gialla, prima della consueta passerella parigina e l’ultimo sprint serale a ranghi compatti all’ombra dell’Arco di Trionfo.
Marco Bottai
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