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tournée in italia

Creato il 30 marzo 2011 da Albertogallo

amalric in tournée con le sue ballerine

In occasione dell’uscita sui nostri schermi di Tournée ecco una recensione nuova di zecca firmata Francesco Rigoni. A questo link, invece, il post originale di luglio scorso.

Questo film di Mathieu Amalric ha qualcosa che non va. Il personaggio principale, Joachim Zand, oltre ad avere un nome fighissimo, è costruito alla perfezione: non è soltanto un “maledetto”, ma anche un idealista che cerca con tutte le sue forze di realizzare un sogno. La grandezza di Zand sta tutta nella sua intrinseca capacità di farsi odiare ovunque vada. E non c’è niente da fare: se lo merita. La sua famiglia lo odia, i suoi colleghi lo odiano, e persino le ballerine con cui si accompagna in questo tour lungo i porti della Francia – la sua scommessa per la vita, la manifestazione oggettiva della crisi di mezza età che sta vivendo – anche loro lo odiano. Tutti lo considerano un imbecille e a ragione. Il suo interlocutore ideale, Mimi le Meaux, una delle ballerine dello spettacolo, a sua volta non è come le colleghe: è un’americana malinconica, sola, con una profonda carica di entusiasmo eppure senza uno scopo nella vita in cui impegnarsi, se non il suo spettacolo, che pure non la soddisfa. Tra questi due mondi ci sono gli americani, sfrenati, scanzonati, geniali, liberi, e i francesi, ottusi, disperati, vecchi, un po’ squallidi. La solita storia della vitalità americana contro la rassegnata infelicità europea. L’unico punto d’incontro sono le esibizioni delle ballerine, durante le quali la forte satira e la spigliatezza del dissacrante New Burlesque incontra l’entusiasmo e l’intensa partecipazione del pubblico. Al di là di questo, ci sono un’incomprensione e un’incomunicabilità di fondo che paiono inconciliabili.

Gli elementi per una buona storia ci sarebbero tutti, e Tournée, dopo tutto, è un buon film. La tristezza che lo avvolge passa allo spettatore in modo naturale ed empatico e la storia scorre piuttosto rapida: non è un film lento né pesante. Le scene di per sè funzionano, tanto quelle del balletto, dove il regista si esalta e dà sfoggio della sua bravura, raccontandole in modo dinamico e coinvolgente, quanto quelle dove il povero Joachim sbatte il muso contro l’intolleranza e la mal sopportazione dei suoi cari, che non lo possono e non lo vogliono più vedere, figli compresi. Eppure chi guarda il film si accorge sin da subito che c’è qualcosa che non va. È come se, in fondo, tutto il film non riuscisse ad arrivare al nocciolo della faccenda. Tutti i momenti sono riusciti, i messaggi risultano abbastanza chiari, e ancora non convince del tutto. Si resta in attesa di una svolta, di un evento decisivo, che forse arriva ma che forse è tardivo, forse non convince, non lo so… Probabilmente c’è talmente tanta foga nel volere dire quello che c’era da dire che alla fine sceneggiatori e regista si sono dimenticati di restituire uno spessore pieno ai comprimari, i quali sì parlano e si mettono in gioco, ma risultano sempre incompleti, confusi, accidentali, poco incisivi. Ce ne sono un paio poi, le figure maschili della troupe, che suscitano curiosità e interesse, come se dovesse a un certo punto accadere qualcosa che ce li mostri in tutta la loro umanità e complessità, ma ancora una volta allo spettatore viene negata una piena conoscenza delle loro storie. Non saprei dire se è voluto oppure no. Lo stesso finale, che ha senso, e che offre un’ennesima perla di bravura attoriale di quel fenomeno che è Amalric, manca di incisività. Suona forzato, poco spontaneo: sembra quasi che lo spettatore, vecchio europeo palloso e triste, sia costretto a restare escluso dal discorso più intimo, proprio come gli spettatori degli show di New Burlesque. Puoi godere della bravura e del talento degli artisti, ma non ti è dato di comprendere a fondo le loro personalità così affascinanti e complicate, non li puoi capire se non sei un artista a tua volta e se non vivi la vita degli artisti. Non ho capito perché Tournée mi sia piaciuto ma non mi abbia entusiasmato: mi ha trasmesso sentimenti, mi ha fatto innamorare del protagonista, mi ha fatto tifare per lui, mi ha fatto desiderare di vedere come andasse a finire la storia. Però, alla fine, non mi ha scosso così tanto. C’è qualcosa che non va in questo film. Oppure in me.

Francesco Rigoni

Post scriptum: il doppiaggio fa schifo, è odioso, e le americane parlano come se fossero drogate di Twinings. Difficile da sopportare un film in cui gran parte dei personaggi parla così.



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