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La trama (con parole mie): Tom Boksic detto Toxic, sicario della mala croata a New York e reduce della guerra nell'ex-Jugoslavia, a seguito di un colpo andato male terminato con l'omicidio di un agente federale è costretto a sparire dalla circolazione, rimandato in patria dal suo boss.
Braccato dalle forze dell'ordine e cambiati i suoi piani di fuga in corsa, il malavitoso si trova confinato a Reykjavik, capitale islandese, nei panni di un telepredicatore integralista cristiano ospite di una comunità che non solo non prevede armi o esercito, ma pare proprio la più tranquilla - per non dire noiosa - del mondo: la recita che lo vede assumere l'identità del prelato, però, ha i giorni contati, e per Toxic si aprono le porte di una redenzione "fatta in casa" che cambierà le sue prospettive umane, geografiche e professionali.
Ma il passato, tra un Eurofestival e l'altro, è sempre in agguato, e potrebbe tornare a bussare le porte al nuovo Paradiso tra i ghiacci.
La redenzione - a prescindere dalle questioni religiose - è un tema decisamente caro a questo vecchio cowboy, avvezzo fin dall'alba dei suoi tempi alla sindrome del santo bevitore e decisamente attratto dai lati oscuri e quello che gli stessi conseguono: film, serie e romanzi, dunque, incentrati proprio sulla "rinascita" dei loro protagonisti finiscono per trovare una corsia preferenziale pronta a finire dritta al cuore del sottoscritto.
Toxic, pulp, divertentissimo ed amaro romanzo firmato da Helgason Hallgrimur - che gli appassionati cinefili ricorderanno come la penna dietro 101 Reykjavik - rientra perfettamente nella categoria, e fin da ora si prenota per uno dei posti d'onore dedicati alle letture di questo duemilaquattordici: grazie ad una prosa ad un tempo fresca e molto diretta - complice l'utilizzo della narrazione in prima persona - quanto malinconica e quasi lirica, l'autore prende per mano i lettori sfruttando l'irresistibile attrazione esercitata da un main charachter più che azzeccato, reduce della guerra che dilaniò l'ex Jugoslavia negli anni novanta nonchè sicario della mala croata a New York finito sotto le mentitissime spoglie di un predicatore televisivo americano più che integralista nel cuore della capitale islandese, simbolo di un Paese sonnecchioso e privo di conflitti, armi ed esercito.
Sfruttando questo spunto da commedia - crime e nerissima - degli equivoci, Hallgrimur ironizza sulla sua terra quanto sui confini geografici e culturali, sfruttando più di un gioco di parole legato all'utilizzo dell'inglese come lingua internazionale - mitica l'interpretazione di Toxic del vero personaggio cult del romanzo, il pastore ribattezzato Torture - senza per questo rinunciare a momenti decisamente toccanti, dal legame tra Toxic e la sua fidanzata newyorkese Munita ai drammi della guerra, che segnò per sempre l'esistenza di un ragazzo poco più che maggiorenne finito a combattere fianco a fianco con padre e fratello anche chi fino a non troppo tempo prima considerava amico - se non di più, come l'ex fidanzata Senka -.
Mescolando dunque un approccio che ricorda quello di Tarantino - non a caso Reykjavik pare essere una delle mete favorite del bad guy Quentin - alla stramba malinconia di Kaurismaki, Toxic apre le porte non soltanto dell'Islanda, popolata da persone all'apparenza imperturbabili abituate ad estati di luce perenne ed inverni sprofondati nel buio che trovano nella messa in onda dell'Eurofestival l'evento principale dell'anno, ma anche dell'ex-Jugoslavia, una terra che ancora oggi mostra le cicatrici di una guerra sanguinosa e terribile: la metamorfosi - interiore ed esteriore - del sicario in esilio Toxic pronto a diventare l'islandese laborioso Tommy passa attraverso sangue e morte, sesso liberatorio e rivelazioni soltanto in superficie legate al concetto religioso - per l'appunto - di redenzione.
Non senza fatica, e non senza dolore, Tom Boksic passerà dal ritmo della canzone di Britney Spears che era solito ascoltare andando "al lavoro" a New York ad uno decisamente inusuale per un cacciatore del suo stampo, scandito dalla meravigliosa sequenza della consacrazione - sempre per utilizzare termini che piacerebbero a Torture - del suo rapporto con Gun e dallo splendido finale sospeso, tanto grezzo e sanguinolento quanto aereo e poetico, in grado di far passare i brividi lungo la schiena di qualsiasi amico dei lati oscuri che si rispetti.
Senza dimenticare una pace agognata fin dai tempi di una guerra che soltanto una "tortura" poteva spazzare via. E la cattiveria concentrata in un proiettile finisce per diventare la portata principale di un ragazzone croato con le mani sporche di sangue che ha finito, nel luogo più freddo d'Europa, per conoscere il calore dell'amore.
MrFord
"With a taste of your lips
I'm on a ride
you're toxic I'm slipping under
with a taste of a poison paradise
I'm addicted to you
don't you know that you're toxic
and I love what you do
don't you know that you're toxic."
Britney Spears - "Toxic" -
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