Le tre opere che Mozart ha composto su libretto di Lorenzo Da Ponte (qui sopra, in un ritratto pubblicato sul sito del Centro Primo Levi di New York) sono tra le più note che mai siano state composte, e tra le più amate e rappresentate in tutto il mondo: si tratta de Le nozze di Figaro, di Don Giovanni e di Così fan tutte.
Sulle “tre sorelle” (così Da Ponte le definì nelle sue Memorie) è stato scritto moltissimo; soprattutto sul Don Giovanni, melodramma che ha affascinato letterati, filosofi, antropologi, oltre a una fitta schiera di musicologi. E non dimentichiamo i cineasti: nel celebre film Amadeus di Milos Forman, su sceneggiatura di Peter Shaffer, ne viene raccontata la prima rappresentazione, con un suggestivo accostamento tra la figura del Commendatore e quella del terribile padre di Wolfgang Amadeus Mozart, Leopold.
Sul sito della Società Italiana di Diritto e Letteratura è appena stato pubblicato un saggio di Geo Magri che analizza le tre opere da un punto di vista originale: quello degli insegnamenti che esse possono trasmettere al giurista. Geo Magri (peraltro autore, per questo blog, di un articolo sul diritto d’autore al tempo di Internet) vi effettua una ricerca che finora non era stata sviluppata — seppure, come ci fa notare, tutti e tre i melodrammi stimolino qualche riflessione al giurista.
Le nozze di Figaro, oltre a rappresentare l’idea che si aveva del diritto nell’ancien régime, stimola a riflettere sui rischi legati a un sistema in cui il giurista è asservito al potere politico e alla funzione che egli dovrebbe svolgere nelle moderne democrazie. Laddove il diritto (e il giurista) è asservito, non esiste libertà; i diritti del singolo non sono che una mera declamazione, sprovvista di una reale tutela e sono lasciati all’arbitrio del potere politico. Il giurista è quindi chiamato a una funzione fondamentale in una società libera e democratica: quella di garantire che i diritti scritti sulla carta trovino un’effettiva corrispondenza nella realtà e non siano il frutto della concessione e della discrezionalità di chi esercita il potere politico — come invece avviene quando don Curzio pronuncia la “superba sentenza” nei confronti del povero Figaro.
Questo è il fin di chi fa mal!
E de’ perfidi la morte
alla vita è sempre ugual!
(Don Giovanni, Atto II, Scena ultima)
Don Giovanni ci mette di fronte a diversi aspetti. I due temi che restano sempre di fronte allo spettatore sono quelli della punizione e della giustizia. La giustizia non sempre è terrena: Don Giovanni non cade per mano delle sue vittime, che si vendicano dei torti subìti, ma per via della giustizia divina, rappresentata dal Commendatore. Don Giovanni è un novello Prometeo, che va contro le regole accettate dalla società, cercando di imporre le proprie; Mozart e Da Ponte, però, lo condannano alla sconfitta e alla fine dell’opera lo fanno sprofondare all’inferno, mentre le sue vittime ci ricordano che “questo è il fin di chi fa mal”.
Don Giovanni, però, ci porta a riflettere anche sul ruolo della vittima. Ci sono vittime che subiscono la violenza, vittime che sono tali per scelta e vittime che sono complici del loro carnefice. Bisogna distinguere chi ha subìto davvero un sopruso da chi ha approfittato della connivenza con il reo per trarre dei vantaggi…
Così fan tutte contiene, per certi versi, un messaggio simile a quello di Don Giovanni: anche in questo caso le regole imposte dalla società non sono accettate. Ma mentre Don Giovanni impone agli altri le proprie regole, in Così fan tutte sono tutti i protagonisti a rifiutare le regole sociali. Non solo Dorabella e Fiordiligi sono infedeli; anche Ferrando e Guglielmo provocano l’infedeltà delle loro compagne. Normale, quindi, che nel finale le regole della natura umana prevalgano su quelle che si dà la società.
>> Trovate il saggio su questa pagina, o direttamente qui.
A proposito di Così fan tutte, vi invito anche a leggere questo articolo.