Quando già serpeggiava l'idea - dopo essere stati sommersi da una valanga di investigatori e investigatrici norvegesi, svedesi, danesi, finlandesi o islandesi - di essere passati da fenomeno letterario a cliché, l'editoria ha registrato una nuova sorpresa nordica: la presenza d'una variegata letteratura umoristica.
Tra i ghiacci lassù, insomma, si ride.
Così ci ha recentemente spiegato Sebastiano Trivulzi su uno dei paginoni centrali della cultura di Repubblica, in qualche modo spiazzando chi, come me, pur attratto dalle letterature del grande Nord, non era mai andato oltre le pagine del finlandese Aarto Paasilinna: grottesche, anticonformiste, pervase di ironia, eppure certo non da riderci sopra.
E già, qualche tempo fa mi era capitato tra le mani anche Musica rock da Vittula di Mikael Niemi. Però mica mi era bastato, per una dichiarazione così perentoria: tra i ghiacci lassù, insomma, si ride.
Il Nord piuttosto era luogo di inquietudine metafisiche, di dolori esistenziali, di complessi rimandi tra gli spazi della natura e quelli dello spirito, di colpe e angosce. Filosofie tetre e sofferenze urlate come il quadro di Munch.
Poi sono arrivati tutti i gialli nordici, belli e intriganti, ma certo non allegri, come si conviene al genere. Tanto più se questi gialli si accompagnano alla riflessione su un modello di società dove non è tutto oro.
Di quei gialli, tra l'altro, abbiamo fatto anche indigestione. E ora? Dal Nord dobbiamo aspettarci un'altra valanga, non più di morti ammazzati, ma di situazioni umoristiche?
Perchè no, se anche Kierkegaard non è che fosse poi così cupo.