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Sullo sfondo di una storia che sa come tenere desta l'attenzione del lettore, Lansdale dipinge gli Stati Uniti del primo Novecento con tutte le contraddizioni del caso e lo fa senza lesinare in violenza né turpitudini ma anche abbondando in quell'ironia amara (e un po' macabra) che contraddistingue praticamente ogni suo lavoro: il boom del petrolio, le prime automobili, un mondo che cambia a un ritmo vorticoso mentre gli uomini sembrano condannati a ripetere gli stessi errori in eterno scorrono fluenti tra le pagine de La foresta facendone una grottesca ed irresistibile favola dei Grimm - rivisitata però dai fratelli Coen. Che siate fan dei suoi primi grandi romanzi o dei suoi lavori più recenti, questo libro vi farà impazzire comunque. Perché qui ci sono tutti i generi con cui, nella sua lunga carriera, l'autore texano si è divertito a flirtare (e a reinventare); tutti i toni, le atmosfere che hanno conquistato i lettori del mondo intero sono condensate in ognuna delle sue pagine, in «un perfetto mix di luce e oscurità, - come ha scritto lo Houston Chronicle -, condito da una generosa dose di umorismo». Una straordinaria prova di costruzione narrativa, una manciata di personaggi memorabili e uno stile pirotecnico che fa pensare a Mark Twain sono gli ingredienti di un romanzo capace di mescolare il western più classico a una sensibilità profondamente moderna.
Ogni tanto il buon Big Joe, negli ultimi tempi, ha sbagliato qualche colpo (anche se sempre, s'intende, ad un livello una spanna superiore a qualsiasi suo imitatore italico) ma quest'ultimo volume rischia di registrarsi come il capolavoro di uno scrittore al massimo della forma.
La foresta - Joe R. Lansdale (Ed. Einaudi)
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