TRA LA GRECIA E IL QE(QUANTITIVE EASING) di GIANNI DUCHINI

Creato il 30 aprile 2015 da Conflittiestrategie

Sempre molto tronfio il ministro greco Varoufakis è stato accolto recentemente alla sede parigina dell’Ocse con tutti gli onori. Se ci fossero stati Georg Soros ed il suo Found Management al posto della Commissione Europea, oggi non parleremmo più della crisi greca, questo è quanto ha detto il finanziere di origine ungherese all’appuntamento annuale dell’INET(Institute for new economic thinking ).

Varoufakis continua ad ammaliare i militanti politici di mezza Europa (esclusi gli anarchici greci che lo hanno fatto oggetto di un lancio di bottiglie in un ristorante di Atene) e le élite di sinistra. Ma la Grecia, a dispetto dei proclami bellicisti  del nuovo governo di sinistra, ha annunciato di avere ripagato la prima rata di 450 milioni di dollari, per i prestiti ricevuti dal 2010 ad oggi. Tuttavia, a fine mese, in mancanza di un accordo sul programma di aiuti internazionali, potrebbe finire la liquidità a disposizione della macchina statale ellenica. Solo allora scopriremo se quello di Tsipras e soci è un bluff o meno.

Quello che non si aspettava Varoufachis era di trovarsi affiancato a Patrick Honohan, governatore della Banca Centrale irlandese, il quale ha descritto errori e note positive del programma di assistenza da 67,5 miliardi di euro – pari quasi alla metà del pil irlandese – avviato alla metà del novembre 2010 dal suo paese. “Anche noi all’inizio ritenemmo che le condizioni del programma di aiuti che avevamo concordato con la Troika fossero insostenibili…[ma] la gestione del bailout si può definire per i cittadini irlandesi, un notevole successo…….perché non è stato il regime fiscale a causare la crisi del nostro paese”. Così il pil di Dublino è tornato a crescere nel 2013 (più 0,2 per cento) e poi a volare nel 2014, più 4,8 per cento. La posizione dell’Irlanda risulta diversa da quella della Grecia, si tratta di un’economia più produttiva ed integrata con i mercati mondiali. Quella ellenica, al contrario, è ormai una “frappé-economy”, rotante intorno ad un modello di fornitura di servizi a basso valore aggiunto. Difficlmente, pertanto, si ripeterà il miracolo irlandese.

Ma l’Europa intera è in pieno bailamme a causa del Qe(Quantitive Easing) di Draghi, un congegno di dubbia utilità che non sta dando i risultati sperati. Il Qe dovrebbe convincere consumatori ed imprese che i prezzi riprenderanno a crescere al 2 per cento, grazie ai tassi di interessi reali più bassi, che faranno crescere a loro volta la domanda di credito, la spesa e l’occupazione. Si ipotizza, in pratica, che il settore privato deciderà di spendere di più per il solo fatto che la Bce sta acquistando titoli pubblici, ignorando la situazione delle famiglie, deteriorata nei lunghi anni di perdita dei posti di lavoro e di austerità. Non si vede, dunque, come ci si possa avvantaggiare del semplice fatto che le banche vendono titoli del loro portafoglio contro crediti sul loro conto presso la Bce, in totale assenza di un meccanismo attendibile per rilanciare la domanda.

E’ l’ennesimo, vago e vacuo, tentativo di rinvigorire la situazione finanziaria dell’Eu ricorrendo ad un gioco di prestigio.

Infatti, Il Sole24ore ha recentemente scritto: “E’ l’era della grande stagnazione? Ecco perché l’economia globale non brillerà più” . Il titolo riprende un saggio apparso nella rubrica del Fondo monetario Internazionale nel quale si sostiene che la produzione globale è al suo massimo storico, in una situazione in cui si generano pressioni sia inflattive che deflattive.

C’è, dunque, una sostanziale spirale inversa a quella che può essere una crescita lineare, mentre si delinea una grande stagnazione economica del tipo di fine Ottocento. I pannicelli caldi di Draghi serviranno al più a realizzare ”piccole riprese” in un lungo periodo di marcescenza dell’intera Europa.

aprile ‘15


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