Lancio di palloncini nel primo anniversario dal sisma
Sembra passata una vita, in realtà solo un anno. Vivere questo anniversario è tornare con la mente alle ore che hanno preceduto e che sono seguite a quella notte in cui noi emiliani abbiamo conosciuto e sperimentato la forza, il potere distruttivo della natura e l’impotenza dell’uomo di fronte a essa.
Pochi secondi che ci hanno cambiato profondamente nell’animo. Il boato, il tremore, gli oggetti che cadono, il polverone sollevato dagli edifici crollati, ma soprattutto il terrore sul volto dei familiari, vicini di casa e sconosciuti incontrati per caso quel giorno sono immagini, suoni, emozioni fortemente impresse in quanti hanno vissuto quella tragedia. Così come è ancora vivo il ricordo dell’ansia provata per l’impossibilità di riuscire a contattare i familiari sul luogo di lavoro o da altre parti, il non sapere in quali condizioni di salute fossero. Un’ansia indescrivibile, che mai si pensa di conoscere nella vita finchè non ti trovi in una situazione del genere.
Per tanti il 20 Maggio 2012 rappresenta uno spartiacque. Ogni evento di cui si parla nei bar-container, in fila alla posta, nei luoghi pubblici e nelle case è ricondotto a due categorie, il prima e il dopo terremoto. Perché seppur la gente, a un anno di distanza, è divisa su alcuni argomenti legati all’emergenza, come l’efficienza dell’intervento dello Stato in queste terre, per tutti resta un’unica, amara consapevolezza: il sisma cambia la vita di chi lo subisce.
Per alcuni in maniera più marcata, come chi ha perso la casa e ora vive ancora in container e casette mobili oppure chi ha perso il lavoro. Per i più fortunati in modo meno evidente: sono rientrati nelle loro abitazioni sistemate a proprie spese e hanno ripreso a lavorare, qualcuno molto lontano perché l’inagibilità del capannone ha costretto a delocalizzare la produzione. Ma a tutti restano nell’animo le cicatrici di una ferita che in un anno non può essere rimarginata. Basta il passaggio per strada di un camion che fa tremare i vetri di casa, un rumore simile al boato che precede la scossa per ripiombare nella paura. Basta guardarsi attorno, nelle piazze o lungo le vie costellate da palazzi ed edifici puntellati, nelle zone industriali dove un anno dopo sono ancora ben visibili le macerie di alcune fabbriche crollate per ricordare quei giorni e far rivivere il dolore per quanti hanno pagato con la vita la voglia di tornare a lavorare, di riprendersi in mano la propria quotidianità.
Tornare con la mente al Maggio 2012 significa però anche ricordare la macchina della solidarietà che in quei giorni si è attivata. Abbiamo sperimentato il significato profondo della parola “aiutare” grazie a quanti si sono mossi da ogni regione d’Italia e da altre parti del mondo, ma soprattutto grazie ai terremotati stessi, i primi a darsi da fare sin da subito per assistere i compaesani più bisognosi. Un’esperienza che si è rinnovata a inizio Maggio, quando una tromba d’aria ha devastato il centro di San Martino Spino, frazione di Mirandola già colpita dal sisma un anno fa.
“Gli emiliani sono forti, sanno rialzarsi da soli”: un messaggio forte, vero se si pensa ai commercianti e agli imprenditori che hanno pagato a proprie spese il noleggio dei container da cui far ripartire la propria attività e i nuovi capannoni dove delocalizzare la produzione in attesa della sistemazione degli edifici inagibili. A proprie spese, senza aspettare gli aiuti promessi dallo Stato che tardano ad arrivare, perché sulle loro teste e su quelle dei loro operai incombe minacciosa la crisi, che non fa sconti nemmeno se sei terremotato. Un messaggio con cui qualche politico, nel teatrino di visite alle zone terremotate della campagna elettorale, ha tentato di giustificare il non mantenimento delle promesse fatte nell’immediato dopo-sisma per le imprese del territorio.
Situazione diversa invece per i servizi. Le scuole sono ripartite pochi mesi dopo il sisma in container e prefabbricati garantendo la salvezza dell’anno scolastico per migliaia di studenti. Lo stesso vale per gli ospedali che hanno ripreso a funzionare regolarmente in tempi record, grazie anche all’efficienza del personale che ha saputo affrontare brillantemente l’emergenza sin dai primi attimi.
Oggi Mirandola celebra il primo anniversario dal sisma ricordando quei giorni con la consapevolezza che si è andati avanti, ma che ancora tanto è da fare. E la speranza dei cittadini è che tutto possa riprendere come il 19 Maggio 2012: che gli sfollati ancora nei container possano tornare presto in una casa, le imprese lavorare a pieno ritmo nei loro capannoni, il centro storico rifiorire con le attività commerciali che si sono dovute trasferire altrove, le macerie finalmente tolte. Una speranza che vola alta in cielo, come i palloncini che questa mattina i bambini mirandolesi hanno lanciato da Piazza Costituente, cuore di una città che non si è mai arresa e, a un anno dal sisma, continua la sua battaglia verso la normalità.
Giulio Oliani