Ma Astana reputa sconveniente il prezzo con cui la Russia paga il greggio kazako, in quanto inferiore a quello normalmente applicato alle esportazioni verso altre nazioni. Quanto riportato dal Kommersant, che sarebbe entrato in possesso di specifici documenti del governo kazako, troverebbe conferme presso il Ministero per il Gas e il Petrolio kazako, che per ritorsione avrebbe deciso di bloccare le importazioni di prodotti petroliferi russi, e di esportare invece greggio verso la confinante Cina dalla quale importerà poi prodotti raffinati.
Le stime per quest’anno, secondo fonti governative, dovrebbero arrivare a circa 500mila tonnellate di gasolio lavorato in Cina, ma Astana starebbe anche pensando a costruire un oleodotto sul confine cinese, per incrementare ulteriormente il quantitativo. Tale opera andrebbe poi ad essere inserita nella nuova rete energetica nazionale, pronta per la fine del 2015, quando il Kazakhstan potrà essere autosufficiente in fatto di produzione di materiale raffinato.
E sebbene il ministro kazako per il Gas e il Petrolio Mynbaev abbia ammesso che il Kazakhstan non potrà mai rendersi del tutto indipendente dalle fonti energetiche russe, è comunque evidente l’obiettivo di Astana di allentare i più possibile i legami con Mosca nel campo dell’approvvigionamento di gasolio e altri prodotti derivanti dal petrolio. Un’eventualità che alla Russia non piace per niente, visti anche gli ingenti investimenti nel paese centroasiatico della Gazprom Neft, la compagnia petrolifera controllata dal colosso statale Gazprom.