Magazine Diario personale

Tra mucca e musica c’è di mezzo un SI

Da Maddalena_pr

LA BELLEZZA DELL’INESATTEZZA FONETICA

DSC00295_pe_wprnDa che hai cominciato a parlare, ormai mesi e mesi fa che già se ne vanno insieme ai tuoi primi gorgoglii, ho preso nota dei tuoi progressi come ben si conviene a una ossessivo-maniaca del memento (e del momento), un po’ per seminare tracce di noi, un po’ perché mi sembra che le cose scritte diano luce a quelle accadute, un po’ perché è così che sono fatta e il tempo vada pure per la sua strada: io vado per la mia.

Ora che impili due, tre, quattro parole, mi è assoluto diletto aprire serie conversazioni come due comari degustando tè invisibili in tazzine minuscole di hello kitty e accompagnando qua e là un sorso con una leccata di labbra o un finto rutto. Tra i recenti argomenti di conversazione figurano i sogni che, sospetto, non sai cosa siano. D’altro canto qualcuno doveva iniziarti a questa verità-scusa che da qui in poi ti varrà per ogni notte insonne, come ben sa la tua sorella maggiore. E così ti chiediamo, tre giorni fa: “Amore che c’è? Hai fatto un brutto sogno?”

“E che ne so, io! Dormivo e poi piangevo. E poi siete arrivati” potresti dire. E invece ribatti “Scì scì, brutto sogno.” E adesso appena ti svegli è all’incirca la prima cosa che dici. Se non la dici tu, la suggeriamo noi.

“Fai un bel sogno stanotte, eh, Isa – ripesco i fondi di una storia della Pimpa – sogni la Pimpa e il delfino Dino, il ghiacciolo e l’Armando, ok?”

La velocità impressionante con cui apprendi vocaboli per poi sfoderarli alla prima occasione è pari solo alla tenerezza sublime di certe tue espressioni così azzeccate da generare una squisita incredulità. Tipo le volte che, a tavola, rassicuri il tuo fratello settenne che ruggisce per qualcosa, toccandolo con presa sicura sulla spalla (o afferrandone un bordo come puoi, vista la ridotta dimensione delle tue dita): “Ca(l)mo Kik, ca(l)mo…” O come ieri che, avendo condotto te e Sarah all’acquisto promesso di due uova pasquali debitamente femminili, farfugli qualcosa arrivando alla cassa, per comprendere la quale mi appello (al solito) a tua sorella: “Sarah, cos’ha detto la Isa?”

“Che è contenta. Ha detto ‘contenta io, contenta.’”
“Davvero, Isa, sei contenta?”
“Scì scì, tenta. Popio” (proprio)

Ma una parte non indifferente del sorriso che mi procuri, scusa se te lo dico, è l’inesattezza fonetica, chiamiamola così. Talmente ironica senza volerlo, talmente ingenua, talmente innovativa ma anche fresca e, pure, pian piano tipica tua, che già mi ci affeziono. Che, quasi quasi, non ti correggo, perché un bambino che parla esatto in fondo non è già più un bambino, perché per imparare bene esistono le scuole e di tempo ancora ne manca.

E allora è così bello che callo in verità è il gallo, se chiami chiape non cerchi il mio sedere ma la chiave. Dopo due volte che imprecavi caccio con una palla ho capito che gridavi calcio, o avevi avvistato uno scarafaggio sotto al tavolo della cucina (ne abbiamo fatti fuori a dozzine, ora si stanno finalmente estinguendo), e per fortuna il casco ora lo chiami cacco, che prima era caccio pure quello.

Le prime volte che hai chiesto co-cola ti ho coccolato, poi ho capito che volevi la coca cola. Pimpa può essere la Pimpa, ma anche una bimba. Se dici pa-ta sigifica pasta ma anche basta, se stiamo mangiando non so se riempirti di nuovo il piatto.

Cino è acronimo utile e versatile per passeggino, cuoricino e cuscino, a voi la scelta. Poppe non è il mio seno, ma la volpe, casso non è quello che pensavo (e che pensate), ma il tasso. E infine dopo varie rivendicazioni mucca, mucca! e averti cercato ogni pupazzo o figura di questo bovino, ho appreso che volevi ballare, bastava infilarci un “si” dentro.


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