Una piccola tragedia si sta consumando in casa Scribacchina.
Per la precisione, in cucina.
Il the speziato infarcito di cannella che accompagna il risveglio della sottoscritta è finito.
Non più disponibile.
Panico.
Nell’attesa del rifornimento, mi fu giocoforza sostituirlo con suo fratello di marca, un rooibos molto particolare; anch’esso speziato, ma senza quel tocco di cannella che morbidamente t’avvolge e rende bella ogni cosa.
I due the fratelli hanno in comune il rosso talloncino con la massima di vita di cui già parlai e che dovrebbe darti spunti di riflessione per le successive ventiquattr’ore.
Ebbene, stamattina mi toccò la seguente frase:
«See the soul and divinity in everybody».
Ohibò.
Caro il mio rooibos, mi pare un po’ difficile, come compito giornaliero.
Tanto più che leggendo le parole «soul» e «divinity», il primo pensiero che mi balenò in testa (ancor persa nei fumi del sonno) non fu il nesso con la vita di tutti i giorni, ma con la musica e, per liberissima associazione, con la prima puntata del nazional Festival di Sanremo, inaugurato proprio jer sera.
In realtà vidi ben poco dello spettacolo: solo due set da cinque minuti l’uno. Il primo contemplava ben due minuti di Dolcenera: tanto bastò per confermarmi nell’opinione che il Sanremo da tutti tant’atteso nulla ha a che vedere colla (buona) musica. Il secondo set fu durante il monologo delMolleggiato, una manciata di minuti che però non mi trasmisero il desiderio di tener acceso il piccolo schermo.
Reputai più interessante spengere tutto e tornar al mio adorato quattro corde nero, in attesa che Morfeo m’avvolgesse – a mo’ di the alla cannella – col suo abbraccio e mi rapisse l’anima.
Tutto questo premesso, soliti lettori, dite ch’è il caso di scender subito al bar a prendere un caffè?