Ebbene sì, anzi, ebbene no, da brava samminiatese de Le Colline, cioè Dappartediqua, non sono mai stata al Palio di San Rocco e me lo sono sempre immaginata come una festicciola mesta e buia per pochi intimi. Insomma, uno che si chiama Rocco, non mi sembrava che potesse attrarre molto (ehm!)… sì, però adesso non fate battutacce di dubbio gusto, mi raccomando!
E poi quand’ero bambina ero al mare in quei giorni, e per di più la spaccatura fra Dappartediqua (il nostro mondo) e Dappartedilà (il loro mondo… persone strane, sconosciute, misteriose… che molto probabilmente pranzavano alle 20 e cenavano alle 9… e forse vivevano al buio e mandavano i bambini a giocare al ricovero…) era ancora più evidente, più sentita: c’era San Miniato Centro (con i samminiatesi doc), poi c’era Dappartedilà e poi c’erano Le Colline, il mio paese.
Quando sono cresciuta ho continuato ad andare al mare in quel periodo e poi, quando non sono andata al mare, sono andata all’ospedale a San Miniato, un giorno intero (tanto per cominciare) proprio il 15 d’agosto, ma non ho visto il Palio, perché avevo da pensare a partorire una figliola, Viola. E poi, appunto, quella figliola dai geni per metà samminiatesi e per metà portoazzurrini, il 15 di agosto è sempre stata buona norma portarla a fare il compleanno dai nonni elbani… e San Rocco ho continuato a non vederlo. Ma quest’anno finalmente siamo a casa (che fortuna, con quest’afa!) e anche se non vedrò proprio il palio, almeno potrò partecipare a qualche serata del festival del Pensiero Popolare, tanto decantato (ricordo che la prima volta che me ne parlò ero ancora incinta di Libero e c’era la festa degli aquiloni) da Lapo Ciari.
Insomma, io questo Rocco non l’ho mai visto… e forse il mio destino è di non vederlo mai, anche se pagherei per assistere al maestoso dondolio del buttafumo gigante che Andrea Mancini mi ha mostrato in tutte le salse con i vari video di YouTube quando dovevo creare il filmato-spot per i 115 giorni al festival. E sarei anche stracuriosa di conoscere il metodo, penso poco scientifico e parecchio di fortuna, che permette di rompere un cocomero con il sedere. Ma l’altra sera mentre attaccavamo il 6×3 sotto i chiostri, ho avuto l’onore di conoscere il tanto mentovato (nella brochure del festival) Marco Cavallo. «Ma chi sarà questo artista?» Continuavo a domandarmi, sicura che se l’avessi chiesto, avrei fatto una figuretta. E certo che l’avrei fatta! Marco Cavallo non è altro che un cavallo blu dalle lunghe zampe (che qualcuno ha belle preso per una giraffa, ma a San Miniato non siamo mica tutti acculturati! E il nostro bello è anche questo… tanto poi siamo sempre tutti pronti a imparare qualcosa di nuovo e qualcosa di più, di più lontano dalla punta del nostro naso!)
E quindi, anche se tra poco arriva Rocco e non l’ho mai visto, questo fatto non mi ha impedito di farmelo raccontare, di questo Rocco Pellegrino, protettore dei pellegrini, e anche di venire a sapere che molta della gente che passa a piedi per San Miniato nel periodo estivo, non è gente straniera (e per questo strana) che non avendo la patente gira il mondo a piedi, ma veri e propri pellegrini (ebbene sì, il pellegrino è una figura ancora attuale!) che lungo i chilometri della via Francigena, un po’ per gioia (come ho sentito affermare da Giovanni Corrieri durante la foto), un po’ per tradizione, un po’ per religione e un po’, forse, perché a un certo punto della vita abbiamo tutti un po’ bisogno di fare i pellegrini, ci raggiungono, noi, San Miniato.
E insomma, alla fine di questo racconto che si è snodato attraverso i mesi della primavera e dell’estate, una mattina ho preso Libero e ho raggiunto Aurelio Cupelli e Francesco Sgherri sulla via per Calenzano, in un punto in cui la terra è gialla, le piante sono spine e il cielo azzurro azzurro sfuma sulle colline, e in fondo, piccina picciò si vede la Rocca, bella come sempre e inconfondibile come nessun’altra (ora capisco perché i pellegrini ci raggiungono sempre… come farebbero a perdersi con quel faro lì?). In questo posto, con un caldo bestiale alle otto e mezzo di mattina, Lapo Ciari e Andrea Mancini tutti vestiti a festa hanno inscenato una storia al limite dell’assurdo insieme a due pellegrini: Giovanni Corrieri e Maresco Martini che non sono stati da meno, presi, sicuramente, dall’entusiasmo degli spiriti indomiti di attori che sono immediatamente usciti fuori da Andrea e da Lapo.
La scena, alla fine, era questa. Due pellegrini arrivano vicino a San Miniato su questo vecchio tratto della Francigena e incontrano un signore strano su una vespa elettrica, Lapo vestito da paggetto con le espadrillas, calzature tipicamente medievali, e pongono la domanda solita, quella che molti di noi si sono sentiti chiedere più di una volta nella vita: «Scusi, per San Miniato?» A quel punto Lapo, con la sua espressione più intelligente, indica San Miniato con la mano e Andrea, abbigliato, appunto, da San Miniato, pare ridestarsi dal torpore tipico delle antiche cittadine che sorgono sui cucuzzoli delle colline e, anche se sul 6×3 non c’è ancora l’audio, sembra dica: «Chi? Io?»
E a questo punto, anche se forse Rocco non lo conoscerò mai (salutatemelo, anche quest’anno!), vorrei rispondere a questo San Miniato che pare improvvisamente ridestarsi dal suo torpore: «Sì, proprio te San Miniato, proprio assolutamente te!»
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