su Tutti i poteri, Edoardo Cacciatore, a cura di Florinda Fusco, Empìria, Roma, 2007
Pensare è adorabile coito d’amore
Tu fosti e contrai futuro anteriore e.c.
Edoardo Cacciatore nasce a Palermo nel 1912 ma vive fin dal dopoguerra a Roma dove muore nel 1996. Dopo un esordio editoriale brillante, la critica si occupò di lui per un lungo periodo solo attraverso la voce di Alfredo Giuliani. Forse perché, scrive Andrea Cortellessa “l’irreparabilità dei testi faceva tanto più specie: dal momento che il temperamento di Cacciatore era agli antipodi di quello dell’altro grande eretico della poesia del Novecento italiano, Emilio Villa”. Cortellessa si riferisce alla dispersione operata scientemente da Villa riguardo ai suoi scritti, conducendo nell’arco della sua vita una forse voluta disorganizzazione dei suoi materiali atta renderne impossibile il rinvenimento o possibile solo casualmente. Cacciatore invece ha una tensione al libro onninclusiva, come sottolinea Florinda Fusco, che è fortemente dichiarata dall’inscindibilità di queste poesie incluse nel bellissimo e assai significativo libro curato dalla stessa Fusco. Tensione al libro è come dire tensione a una compostezza fatale che dia stasi a poteri che invece forse servivano a Villa nella loro qualità caotica più che come forze per Cacciatore da richiamare a un contenimento. Fare specie con l’irreparabilità ossia raggiungere una tale indipendenza che comporta il non appartenere a generi, è già di per sé qualcosa che accomuna per difetto tutta la grande poesia, che è mancante l’ovvio e vive di un moto superficialmente non condivisibile né contenibile. Tutti i poteri, in un certo senso si manifestano in questo libro attraverso la serratissima aggregazione di ogni atomo, nella compattezza di significato che c’è dietro ogni singolo verso. Versi che saltano all’occhio oltre che al critico anche al lettore smaliziato di poesia, come asserzioni di qualcosa di ameno ma tutt’altro che oscuro, indubitabile o che mai si confuterebbe al rigore della compostezza che li esprime. Un aspetto importante tra i molti che la critica mette in luce è il rapporto con l’esterno e con l’altro da sé della poesia di Edoardo Cacciatore, il suo prediligere la luce che è fuori piuttosto al buio che ognuno ha dentro, “La luce non è in noi. Siamo pieni zeppi di buio./la luce proviene dall’esterno” cioè da una poesia che si rivolge al fuori come “pura energia mentale” tradotta “in fisicità implacabile a volte violenta” (Giorgio Patrizi). Ciò è un dato evidente che la poesia di Cacciatore in queste pagine corrobora, incuneandosi nel luogo poetico con la stessa potenza di un atto volto a sondare istologicamente le fornicazioni cancerose che la realtà nel suo smagliare presenta diversa in ogni istante. Questa indagine clinica in una certa misura giustifica la definizione di Barocco, come moto da cui è pervaso tutto il versificare di Cacciatore, lo stesso Barocco che Luciano Anceschi poneva in rapporto vivo con la contemporaneità in qualità di messa in scena, di movimento che inscena, cioè un moto intrinsecamente richiamante una dinamica superna che Cacciatore affida per essere detta all’astrazione più razionalmente analogica che si possa nel pensiero poetico moderno.
“Forse è arrivato il momento di chiederci un po’ brutalmente se la colpa principale del silenzio che a più di novant’anni dalla sua nascita e a sette della sua morte continua con rari spiagli a circondare questo autore, sia più nostra o più sua – più voglio dire della nostra pigrizia o distrazione o più della sua inflessibilità del suo assolutismo …” Giovanni Raboni
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Tra schiavo e schiavo non sta più una luna sfatta
Veronica bifronte su bonacce infide
Batte a gong un’inflessione in estrema ratio
Contraffà osanna e belve è che recide
Foschia in trecce e lo iato in realtà riscatta.
Milioni e milioni di semplici siamo
Taglio fu prima poi sutura del potere
Trapezio poi non antropocentrico spazio
Quante mattine scorsero e parvero sere?
Lumi ebbe il mondo e l’homuncio parve più gramo.
Perfino il ferro spinato però non dura
Finirà la guerra è finita e grida Pace
Sequestro è si la vita ma va giù lo strazio
Pregio sempre ha di meno e chi più si compiace
Di dire all’uomo soffri mostro di natura
Edoardo Cacciatore, Tutti i poteri, Empìria, Roma, 2007, p. 60 da Libra
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Fonti
La fisica del senso, Andrea Cortellessa, Fazi, 2006, Roma
Dopo la lirica, Poeti italiani del 1960-2000, a cura di Enrico Testa, Einaudi, 2005 Torino
La poesia che si fa, Giovanni Raboni, Garzanti, 2005, Milano