Giorgio Vasari sosteneva che Paolo Uccello era molto più preoccupato della prospettiva che delle figure, e che era proprio per questa sua preferenza che "visse tanto povero quanto famoso". Questa considerazione, tuttavia, non impedì allo stesso Vasari di affermare che Uccello fosse insuperabile nel rappresentare gli animali nei suoi quadri. Vasari non spiega però quale fosse l'origine del nome "uccello" dato al pittore, però Marcel Schwob, nelle sue "Vite immaginarie", spiega come il nome provenisse dal grande numero di animali dipinti su tutte le pareti della sua casa a Firenze. E' sempre Vasari a renderci edotti circa il fatto che Uccello aveva dipinto alcune scene della vita di San Francesco (gli affreschi si trovavano nella chiesa di Santa Trinita, a Firenze, e non esistono più), poi "belle scene di cavalli e di altri animali" in casa dei Medici, "con la superbia dei leoni inferociti", la "velocità e la paura dei cervi e dei caprioli", ed "i passeri e i pesci dalle squame variegate", fece anche il Diluvio e l'Arca di Noè, dipinse un cavallo immenso a Santa Maria del Fiore, omaggio ad un generale inglese: una pittura che riusciva ad ingannare gli occhi dei molti fiorentini e dei molti stranieri che passavano di lì, e che credevano si trattasse di una scultura.
Uno di questi stranieri passò per Bologna, seguendo le tracce lasciate da Paolo Uccello in quella città, una visita breve che si svolse intorno al 1435. Come è avvenuto con gli affreschi delle scene dalla vita di San Francesco, il tempo è stato crudele anche con i lavori svolti a Bologna. Di meno, però. E' rimasto un pezzo di quel ciclo sulla Natività, in un angolo della chiesa di San Martino Maggiore. E, giustamente, gli animali sono sopravvissuti. Gli animali che non hanno solo dato a Paolo Uccello quel nome con cui ancora oggi è conosciuto, gli animali che sorvegliavano il sonno del bambino e che sono sopravvissuti e che per quello straniero sono stati una sorta di portale, come una soglia non esattamente aperta sul passato, ma verso la dimensione di un tempo che rimane come sospeso.
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