Repubblica Ceca, 2012
7 minuti
Stando ad alcune statistiche, esiste una certa regolarità nel numero di persone che muoiono nello stesso istante in cui altre, stanno per dare alla luce una nuova vita. E di fatto, il quarto cortometraggio di Marika Pecháčková, originaria di Praga, sembra fondarsi alla base di questa indagine per costruirsi da un lato, come un'intima riflessione sulla maternità (la vita, quindi, in attesa di nascere) e dall'altro, come una sorta di ossequio (con tanto di dedica epigrafica nel finale) alla memoria del poeta ceco Ivan Martin Jirous, recentemente scomparso, e noto tra l'altro, per essere stato alla direzione artistica del gruppo rock-psichedelico Plastic People, formatosi nel 1968 (poteva essere altrimenti?), subito dopo l'nvasione sovietica. Ci troviamo senza dubbio di fronte a un'opera dall'interpretazione aleatoria, un mix tra documentario d'avanguardia e found-footage, la cui analisi di ogni piega diventa un compito arduo, vista oltretutto l'irreperibilità quasi totale d'informazioni. Ed esaurite quelle poche affiorate in rete, non resta altro che affidarci alle sensazioni emanate dalle suggestive riprese (effettuate in pellicola, con tanto di "lampi e bruciature" sparse, come da tradizione) che ci svelano gli amorevoli momenti di gestazione della stessa Pecháčková mentre comunica con la figlioletta che porta in grembo, Viola, attraverso le poesie di Jirous e (in)formandola così, fin dal principio, sull'ineluttabile processo della vita. Nella voce fuori campo della regista, rivivono quindi gli ultimi pensieri del poeta scomparso. Con molta probabilità, le lettere scritte in letto di morte (l'ossessione per il gatto, i consueti trattamenti ospedalieri, il buio che lui stesso descrive durante le ultime ore della sua vita, il funerale - filmati di repertorio - nella chiesa di Praga) mentre, operando in maniera concettualmente simile a quanto fatto dall'ultimo Pèra (Lisbon Revisited), le immagini ci restituiscono in maniera intelligente un'ammirevole celebrazione dell'esistenza e del creato stesso, mediante l'interazione con una Natura che a sua volta, si fa ventre materno (la particolare auscultazione del proprio corpo - e della vita che in esso cresce - a nudo contatto con la campagna). Impossibile però, alla fine, risalire al movente fondamentale che ha spinto alla realizzazione di tale documento, in quanto potrebbe anche trattarsi di una diretta corrispondenza tra la regista e il poeta. L'ipotesi più ragionevole, e che valorizzerebbe il significato dell'opera, potrebbe semmai celarsi in quel 10 novembre 2011: data che suona come una correlazione tra la morte di Jirous, e forse, la nascita di Viola.