- Pubblicato Giovedì, 28 Agosto 2014 05:35
- Scritto da Elisabetta Bonora
Credit: Illustration Credit & Copyright: Linda Huff (American Scientist), Priscilla Frisch (U. Chicago)
Una volta ogni 50 anni, più o meno, una stella massiccia esplode qualche da parte nella Via Lattea, producendo così tanta energia in una frazione di secondo, quanta il Sole ne emette in un milione di anni. Una supernova, al suo apice, può offuscare l'intera Galassia.
E' chiaro che per quanto sia spettacolare l'evento, nessuno si augura che una stella esploda vicino alla Terra. Eppure, a quanto pare, è già accaduto in passato e più di una volta!
Tracce di esplosioni di supernove potrebbe trovarsi sul nostro stesso pianeta, raccontate dagli alberi ad esempio, o dai meteoriti, ma ora gli scienziati hanno la prova che qualcosa sicuramente accadde circa 10 milioni di anni fa in un gruppo di stelle vicine.
Le loro esplosioni crearono quella che gli astronomi la chiamano "Bolla Locale": ha la forma di un'arachide, è lunga circa 300 anni luce e piuttosto "vuota" (0.001 atomi per centimetro cubo). Il gas al suo interno è anche molto caldo (circa un milione di gradi).
Questa bolla è stata scoperta a poco a poco tra gli anni '70 e '80 dagli astronomi che osservavano ed ascoltavano il gas interstellare nella nostra parte di galassia. Ma con l'avvento degli osservatori a raggi X è stato rilevato un bagliore diffuso anche vicino alla Terra, che lasciava presupporre che anche il nostro pianeta fosse all'interno della bolla.
Tuttavia, non tutti erano d'accordo.
"Nell'ultimo decennio, alcuni scienziati si sono sfidati sull'interpretazione, suggerendo che gran parte o tutto il debole sfondo diffuso a raggi X fosse, invece, il risultato di uno scambio di carica", racconta F. Scott Porter del Goddard Space Flight Center.
Lo "scambio di carica" accade quando il vento solare elettricamente carico viene a contatto con un gas neutro: strappando elettroni a quest'ultimo, si produce un bagliore di raggi X che assomiglia un po' ad un bagliore da supernova.
Ma i dubbi sono rimasti fino a quando un team di ricercatori internazionali, tra cui Porter, guidati dal professore di fisica Massimiliano Galeazzi dell'Università di Miami, hanno sviluppato un rivelatore di raggi X in grado di distinguere tra le due possibilità.
Il dispositivo, chiamato DXL (Diffuse X-ray emission from the Local Galaxy), era stato lanciato il 12 dicembre 2012 dal New Mexico ed ha raggiunto un picco di altitudine di 256 chilometri, trascorrendo solo cinque minuti sopra l'atmosfera terrestre. Quel breve arco di tempo è bastato per misurare la quantità di "scambio di carica" a raggi X all'interno del Sistema Solare.
I risultati, pubblicati online sulla rivista Nature il 27 luglio, indicano che solo circa il 40 per cento della radiazione difffusa nella banda X ha origine all'interno del Sistema Solare. Il resto deve provenire dalla Bolla Locale, la reliquia di antiche supernove di fuori del Sistema Solare.
Ovviamente, queste stelle non erano abbastanza vicine da sterminare la vita sulla Terra ma lo erano abbastanza da avvolgere il nostro pianeta in una bolla di gas caldo che persiste ancora oggi, milioni di anni più tardi.
Galeazzi e i suoi collaboratori stanno ora pianificando il prossimo volo del DXL, che utilizzerà ulteriori strumenti per caratterizzare l'emissione. Il lancio è attualmente previsto per dicembre 2015.