C’è un bel libro di Chuck Klosterman che si intitola Il giorno in cui il rock è morto. Almeno in Italia, in originale il titolo è un più aderente Killing yourself to live. E’ il racconto di un viaggio di Klosterman nei luoghi tragici del rock: Roskilde, Gillsburg, il Dakota a New York, il Chelsea Hotel. Ma è anche un libro estremamente divertente.
Comunque, a un certo punto Klosterman parla di questa sua intuizione: i Radiohead con Kid A avevano previsto i fatti dell’11 settembre. Klosterman dedica a questa intuizione poco più di due pagine, spiegando ogni brano di Kid A e devo dire che la teoria è suggestiva. Se lo trovate in libreria e non volete acquistarlo – ma io vi consiglio di farlo – potete leggervi velocemente da pagina 96 a pagina 99 e vi assicuro che troverete interessante e non del tutto campata in aria la sinossi proposta tra i brani del disco e i fatti di quel martedì di dieci anni fa.
Secondo Klosterman, il momento in cui parte The National Anthem coincide con l’impatto del primo aereo. Quando abitavo a Roma, ricordo che una mattina avevo Kid A in cuffia. Ero in metro ed erano i giorni delle bombe a Londra, nel luglio 2005, e Roma si diceva potesse essere un obiettivo sensibile. Insomma, ricordo che non riuscii a terminare l’ascolto di questo pezzo, perché improvvisamente la metro mi sembrò troppo buia, stretta e pericolosa. La cosa più vicina a una crisi di panico che abbia mai provato, una meravigliosa eredità di quel martedì mattina di dieci anni fa.
In tutto questo, The National Anthem è un pezzo fottutamente bello (mi serviva un finale da Rolling Stone per allegerire).