Non sono molte le ragioni che mi hanno tenuto lontano dagli Zen Circus. Anzi direi che sostanzialmente la ragione è una sola: con le novità italiane sono lento. E per novità intendo tutto quello che è uscito dal – diciamo – 2000 ad oggi. Sono lento, non seguo, diffido, mi distraggo, faccio finta di niente, ignoro volutamente. Poi, con settimane, mesi, anni di ritardo – a seconda dei casi – cedo alla curiosità. Ci vuole tempo.
Anche con gli Zen Circus, che pure mi si son presentati da subito con un nome bellissimo e nel 2009 con un album dal titolo meraviglioso: Andate tutti affanculo (che è anche il titolo del pezzo di oggi). Con un titolo così davvero nemmeno io riesco a spiegarmi bene il perché del mio procrastinare nel tempo ascolto e, di conseguenza, innamoramento.
Già, perché alla fine di questo si tratta. E d’altra parte non potrebbe essere altrimenti, questi li hanno ibernati nel 77 e scongelati apposta per questo squarcio di tempo splendidamente gretto che ci tocca vivere, come si fa a non apprezzarli? Come si fa a non amare la voce di Andrea Appino? Come si fa a non riconoscere che i loro testi sono l’equivalente contemporaneo di ciò che furono i testi di Rino Gaetano tre decenni fa? Come si fa a restare indifferenti a chi intitola un pezzo e un album Andate tutti affanculo?
Al cinismo più bieco e posato
tipo quello da cantautorato
esser stronzi è dono di pochi
farlo apposta è roba da idiotiA chi è andato a vivere a Londra
a Berlino, a Parigi, a Milano o Bologna
ma le paure non han fissa dimora
le vostre svolte son sogni di gloriaA chi critica, valuta, elogia
figli di troppo di madre noiosa
l’arte è pensiero che esce dal corpo
né più né meno come lo stercoAlle donne, agli uomini ai froci
vi amo, vi adoro e ricopro di baci
corpi ignudi sgraziati o armoniosi
perdenti per sempre perfetti per oggiA voi che vi piace di farvi fregare
dai nati vincenti, dal navigatore
dalla macchina nuova e dal suo fetore
dalla prova finale dall’uomo che muore