“Entrai in uno spazio, in un tempo, in una dimensione completamente nuovi. Mille anni si comprimevano in un giorno e ogni mio passo durava secoli. Le querce del deserto sospiravano e si chinavano su di me, come se avessero voluto afferrarmi. Le dune andavano e venivano, sempre uguali. Le colline si innalzavano verso il cielo, e poi scivolavano dolcemente in basso. Le nuvole ondeggiavano nel cielo, sparivano, ritornavano di nuovo. E sempre la strada la strada la strada la strada”.
Una donna sola, con quattro cammelli e un cane, che attraversa il deserto australiano, da Alice Springs all’Oceano Indiano. A piedi, riesce a percorrere 2700 km. Un’eroina solitaria che nel 1977 è stata autrice di una straordinaria impresa, documentata anche dal National Geographic.
Lo so, sembra fantascienza, eppure è una storia vera. Robyn Davidson è la protagonista di questo prodigio, oggi sessantenne, divenuta scrittrice di bestseller. Alla sua storia è ispirato “Tracks”, il film che ha per protagonista Mia Wasikowska, nei panni di una credibilissima Davidson.
Aveva appena 27 anni, Robyn, quando intraprese quel lungo viaggio che le fece guadagnare l’appellativo di “signora dei cammelli”. La straordinaria impresa è stata documentata dal fotografo del National Geographic Rick Smolan, che la raggiunse alcune volte durante il viaggio, per immortalare coi suoi scatti alcune tappe fondamentali. La Davidson ricordò la sua avventura in un libro che è divenuto popolare in Australia, tanto da essere studiato come testo nelle scuole – in Australia si studiano anche libri sul surf.
Nel 1993 vi fu una prima idea di trasposizione cinematografica della storia di Robyn Davidson, che vide Julia Roberts firmare la parte della protagonista. Ma il progetto non andò in porto. Nel 2012 ha preso vita una nuova idea con Mia Wasikowska, nel ruolo della Davidson. Si tratta della pellicola di “Tracks – Attraverso il deserto”, diretto da John Curran, uscito nel marzo 2014. Il film è stato poi presentato in concorso al Festival di Venezia, al Toronto International Film Festival e al London Film Festival.
Cosa dire di questo film? Che i panorami sono mozzafiato e i personaggi variegati. Mi riferisco ai tanti amici che Robyn incontra durante il viaggio, che si offrono di ospitarla anche per una sola notte, oppure di aiutarla. Con ciascuno di essi si instaura un rapporto particolare, come se si conoscessero da anni. Come se condividere un viaggio, così pericoloso, anche solo per un breve frangente, rendesse fratelli di sangue.
Ci sono esperienze che segnano e legano, e un viaggio sotto il sole a picco del deserto, in privazione d’acqua, ne è un esempio. Gli aborigeni che si offrono di aiutare la ragazza permettono di conoscere meglio quelle terre deserte e sterminate, e i pochi abitanti che hanno il coraggio di popolarle. Per esempio, Robyn deve passare per una zona considerata sacra, e non può farcela da sola. È un luogo interdetto alle donne. Con l’aiuto di un anziano del posto, riesce invece a proseguire il suo viaggio.
I pericoli ai quali dovrà fare fronte sono innumerevoli: cammelli in calore che cercano una femmina e caricano come fossero bufali, e che debbono essere abbattuti. Serpenti, temperature elevate, mancanza di cibo e di acqua. Insomma, non esattamente quello che si dice un posto adatto ad una ragazza sola.
Oggi questo viaggio forse non potrebbe essere realizzato. I media, con la diffusione dei social network, invaliderebbero tutto. Nel deserto Robyn incontra di rado qualcuno che vuole fotografarsi coi suoi cammelli, ma l’odierna moda del “selfie” impedirebbe lo scopo primario del viaggio: la solitudine. La presenza della ragazza nel deserto verrebbe ampiamente monitorata, istante dopo istante, e perderebbe il suo senso di prodigiosità.
Veri protagonisti della pellicola sono gli animali: quattro cammelli e un cane, che diventano la famiglia di Robyn. Struggente la scena della morte del cane, dopo avere ingerito stricnina, i cui flaconi sono stati abbandonati nel deserto, quali esche per sterminare le volpi. Si spera fino all’ultimo che a quel cane, mascotte del viaggio, non capiti niente.
La protagonista lo tiene al sicuro, la notte, abbracciato sotto alla coperta, per ripagarlo dalle fatiche del giorno. Ma una di queste notti la bestiola si allontana e segue il suo istinto. Torna un’ultima volta, per salutarla. La sua lingua passa su quel viso tanto amato. È il suo modo di dire addio alla sua padrona. Poi sente le forze venirgli meno, e si allontana. Robyn lo cerca, lo trova e si rende conto dell’accaduto. Dopo una notte di agonia, è costretta ad abbatterlo con un colpo di fucile, per mettere fine alle sue inutili sofferenze. E un pezzo di lei se ne va, muore per sempre. È sola, adesso se ne rende conto. Così come da piccola era rimasta sola dopo il suicidio della madre e l’addio che aveva dovuto dare al cane di casa. Perché la storia si ripete. Sempre.
Ma Robyn è caparbia, è forte. Non vuole buttare all’aria tutto, nonostante lo sconforto che l’ha colpita. Non vuole rinnegare il tempo investito in quel viaggio.
E il bagno purificatore al traguardo, nell’Oceano indiano, coi suoi cammelli, saprà ripagarla di tutto.
Un film commovente, dal forte potere catartico, la cui visione consiglio a tutti.
Unico neo, correggetemi se sbaglio. Robyn viaggia con 4 cammelli, ed è chiamata “signora dei cammelli”. Allora perché i suoi animali hanno soltanto una gobba? Piccolezze, direte voi.
Fosse anche la “signora dei dromedari”, la sua impresa sarebbe stata allo stesso modo strepitosa.
Written by Cristina Biolcati