I due amici di un tempo, Mulder, l’europeo giramondo, l’alter-ego dell’autore, viaggiatore e giornalista, e Donald, il sudafricano politicamente impegnato, si ritrovano dopo anni di separazione nel Sudafrica odierno, quello del dopo apartheid.
Entrambi, al tempo della lotta contro i bianchi padroni, avevano combattuto per i grandi ideali di rispetto, di libertà e di giustizia, niente affatto applicati nei confronti della popolazione di colore di allora che, pur essendo la maggioranza, come sappiamo, veniva ghettizzata nel peggiore dei modi.
Ma oggi , a quel che osservano, tutti e due i “nostri” si dicono ad un certo punto, e fuori dai denti, che non è meglio di ieri specie se i neri sudafricani arrivano addirittura a rimpiangere i tempi in cui stavano peggio.
Il ritorno e l’incontro è un pretesto, allora, per mettere in evidenza solo il fallimento, alla resa dei conti, di un’utopia cui si era andati dietro con ingenuità giovanile e tanta ideologia, credendola realizzabile.
E lo stesso Sudafrica è un luogo- pretesto in quanto certe contraddizioni umane potrebbero essere, e lo sono, presenti in un qualsiasi contesto anche del nord del mondo.
Ciò che resta possibile oggi, per chi ha creduto allora, è salvare il salvabile, rimboccandosi le maniche per impedire, ad esempio, al piccolo Hendrik ,una loro conoscenza, di continuare a ingollare del Tik.
E cioè un’anfetamina ,che si ricava dai molluschi di mare,che pescatori di frodo e trafficanti senza scrupoli propinano a tanti giovanissimi sudafricani dalle pance molto spesso vuote.
Insomma Mulder e Donald, ora uomini maturi, capiscono benissimo che i confini tra bene e male sono essenzialmente labili e, per impedire il disastro totale, facendo ciascuno la propria parte, occorrerebbe , magari un po’ di più, tutti “occuparsi del mondo”.
Cosa che di solito, appagati del proprio “status” raggiunto, non si fa e che si preferisce, semmai, demandare ad altri.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)