Le tradizioni pasquali in Italia, paese cattolico per eccellenza, sono molto sentite e talune sono altresì talmente radicate da essere entrate a far parte del folclore locale, miscelando religione e paganesimo in un mix sapiente ed educato, che attira nel nostro paese migliaia di turisti ogni anno. Per chi non avesse idea di cosa significhi rappresentazione sacra, il consiglio vivo è quello di seguire gli episodi della Passione che seguono alla Quaresima: le emozioni saranno forti e intense e daranno un’idea concreta di quanto in Italia sia vissuta la festa della Pasqua.
Partiamo da Firenze e dal suo tradizionale Scoppio del carro: si tratta di un’antica tradizione che risale all’epoca delle Crociate e alla famiglia dei Pazzi e che vede, la mattina di Pasqua, un carro trascinato da dei buoi bianchi entrare a Firenze sino al Duomo. Lì, al carro, unito all’altare da un filo di ferro, viene legata una colomba con un ramoscello d’ulivo nel becco: questa porta in sé una miccia e, scivolando su questo filo dall’altare verso il carro, dovrà incendiare i fuochi d’artificio in esso contenuti (oltre alle pietre del Santo Sepolcro, come narra la leggenda) e tornare indietro senza intoppi. Se così sarà, per Firenze si annuncerà un anno positivo. Seppur il carro non è più quello della famiglia dei Pazzi, rimane uno spettacolo altamente suggestivo.
Mentre in Abruzzo e precisamente a Sulmona, si festeggia la Pasqua tra spari di mortaretto, colombe in volo e inseguimenti della Madonna che scappa e a Fiorenzuola d’Arda, in provincia di Piacenza si gioca a pponta e cull rompendo le punta delle uova sode proprie contro quelle delle persone in giro per la città, a Nocera Terinese, in provincia di Catanzaro, nella giornata del Sabato Santo si tiene il rito dei “Vattienti” ovvero dei flagellanti, che si flagellano lungo la processione perdendo sangue lungo il percorso delineato da chiese e sepolcri, anticipati dalla croce di legno e seguiti dai fedeli. Si tratta di una pratica che si tramandano di padre in figlio e che celebra la loro devozione con il castigo della carne peccaminosa.
Allegoriche e mistiche le rappresentazioni siciliane di Palermo, con l’abballu di li diavuli a Prizzi e la processione dei Misteri a Trapani. A Prizzi, terrificanti maschere di zinco con denti bianchi lunghi e sporgenti vestite di rosso vagano per le strade cercando, come diavoli, di catturare le anime dei fedeli in processione. Assieme ai diavoli cammina la Morte, vestita di nero e con la falce in mano: se ti catturano, ti portano nell’inferno, ovvero dentro un bar o un’osteria, dove il malcapitato sarà costretto a offrire da bere a tutti. Nel pomeriggio, dalla chiesa principale, esce poi la Madonna davanti alla cui visione i diavoli si pentiranno e, attorniati dagli angeli, abbandoneranno le maschere ai piedi della statua.
Quella dei Misteri di Trapani, invece, è una tra le processioni più antiche d’Italia, risale a circa 400 anni fa e ha origini spagnole. Inizia alle 14 del Venerdì Santo e dura 24 ore, in un continuo spettacolo di luci, suoni e colori la processione della vara, questa base di legno sagomata “ammantata” da drappi neri su cui troneggiano statue modellate in legno e sughero per una maggiore plasticità, che si rifanno ai vangeli apocrifi e alla libera interpretazione degli sculturi che le realizzarono tra il 1600 e il 1700. I Misteri rappresentano 20 raffigurazioni artistiche della Passione e della Morte di Cristo, oltre ai simulacri di Gesù Morto e di Maria Addolorata. Ed è così che tra fiori, pennacchi e ornamenti argentei potrete seguire l’”annacata” (il movimento oscillatorio della vara) eseguita dai massari, i portatori a spalla delle statue. Tutti appuntamenti assolutamente da non perdere.