E' il gennaio del 1928, quando André Gide arriva a Berlino per tenere una conferenza. Ed è a Berlino, nella sua stanza d'albergo, che Gide si incontra con Walter Benjamin, inviato dal "Die literarische Welt". La conversazione, ben presto si sposta sulla figura di Proust, sull'amicizia di Gide con Proust, poi sulla traduzione della Recerche, cui Benjamin sta lavorando e, finalmente, sull'atto stesso di tradurre. "Gide ha fatto tutto quello che ha potuto, come traduttore, per riuscire a divulgare l'opera di Conrad, ed inoltre si è impegnato criticamente su Shakespeare e, in tal proposito, va citata la sua magistrale traduzione dell'Antonio e Cleopatra" - scrive Benjamin.
Poi, riportando le sue parole, Benjamin aggiunge che Gide non è riuscito a trovare, a Berlino, quella tranquillità necessaria a preparare la sua conferenza.
"Vorrei aggiungere qualcosa a proposito del mio rapporto con la lingua tedesca" - dice Gide, e scrive Benjamin. A quanto pare, dopo un periodo di studio, "intensivo ed estensivo", di quella lingua, Gide ha all'improvviso, e per dieci anni, interrotto qualsiasi rapporto con l'idioma tedesco. "La mia attenzione è stata catturata completamente dall'inglese", afferma, e continua: "Poi, l'anno scorso, ero in Congo e mi sono trovato ad aprire un libro scritto in tedesco, dopo tanto tempo. Le Affinità Elettive. E mi sono reso conto di una cosa: la lettura non era affatto difficile come immaginavo, era molto facile."
Benjamin annota che il tono di Gide, nel dire queste parole, si era fatto assai "insistente" e sottolinea più volte che tale insistenza non riguardava l'affinità fra inglese e tedesco, bensì il fatto che Gide si fosse sentito "drammaticamente respinto dalla mia lingua materna".
Per tradurre - afferma Gide, e Benjamin scrive - o anche solo per padroneggiare una lingua straniera, non conta tanto la lingua che si sceglie, quanto, piuttosto, la capacità di abbandonare la propria lingua, la lingua d'origine.
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