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Tradurre il jazz

Creato il 07 gennaio 2015 da Scribacchina

Se conoscete un pochino Scribacchina, avrete notato in lei una velata pignoleria.
Una (brutta) tendenza a trovare il pelo nell’uovo, a dire «eccolo lì, l’errore!». D’altra parte, non è colpa sua se si è fatta una discreta esperienza come correttrice di bozze, anni fa. Come non è colpa sua se, messa di fronte ad una pagina scritta – che sia un manifesto, un foglio di giornale, un libro o una mail -, le bastano meno di tre secondi per individuare un qualsiasi errore di battitura.
Deformazione professionale.

Il problema è che la pignoleria si è sparsa a macchia d’olio, fino a comprendere errori grammaticali, frasi senza capo né coda, traduzioni italiano-inglese-francese fatte coi piedi: lì, l’indignazione sale alle stelle.
Come quando, l’altro giorno, la nostra pignolissima è capitata su un blog del circuito WordPress. Autrice, una ignota signora che si autodefinisce «editor, critico, laureata, inglese perfetto» e con un blog che – così ella dice – «viene letto in tutto il mondo».
Piena di curiosità per tale blog e tale autrice, Scribacchina apre una pagina a caso e – orrore! – si trova di fronte un articoletto bilingue di due-righe-due, versione italiana e versione inglese (evidentemente per facilitare la comprensione ai lettori di «tutto il mondo»).
Una delle due righe in italiano era scritta così così.
Quella in inglese era tradotta «à la Google» – anzi, peggio.
Una cosa di questo tipo, per intenderci:
«Spero passerete da queste parti ogni tanto»
«I hope that you’ll like to pass in this surroundings once upon a time»
.
Mi farete sentire meno sola inorridendo pure voi.

Ma se trovaste tutto questo acqua fresca, procedo con un altro esempio di traduzione.
Stavolta anche peggiore.

***

Premessa. Immagino che, dopo aver letto quanto sopra, vi verrà spontaneo un: «Da che pulpito…».
Metto dunque le mani avanti, giusto per non essere fraintesa: non è che non sapere l’inglese sia una colpa, ci mancherebbe. E’ che, insomma, se uno mi si presenta come «quasi madrelingua», cose di questo tipo proprio non le tollero.
Sarà che ne ho visti mille, di scribacchini saccenti, che si vendevano come artisti della bic italiana e straniera; poi, mano alla tastiera, scrivevano cose immani. E toccava (tocca) alla sottoscritta sistemare i pezzi.

Torniamo dunque a parlare di traduzioni: leggevo proprio l’altro giorno un articolo riguardante le traduzioni di biografie jazz.
L’oggetto era la biografia del trombettista Lee Morgan, scritta da Tom Perchard e pubblicata in Italia sotto il titolo «Lee Morgan, la sua vita, la sua musica e il suo tempo». La traduzione venne a suo tempo affidata a due persone che tuttora la casa editrice definisce «i migliori professionisti, due bravissime ragazze».
Fin qui, mi pare sia tutto ok.
Prima di proseguire, una precisazione: per tradurre la biografia di un jazzista ci vuole una certa conoscenza dei termini tecnici musicali, di certo slang in uso tra i musicisti; in sintesi, anche se si conosce perfettamente l’inglese, parlando di jazz si può inciampare molto facilmente. Ma questo avviene anche in altri campi dove è richiesta la conoscenza del gergo tecnico (dalla cucina alla fisica nucleare).

Per farla breve, la traduzione del libro di Morgan è stata pubblicata con errori disumani, col benestare della casa editrice. Errori non solo tecnici, ma tragicamente legati anche alla conoscenza-base dell’inglese.
Vi riporto solo alcuni tra gli errori più divertenti, presi dal sito rivista.camfirenze.net (l’elenco di chicche con relativo commento è opera dell’ottimo Francesco Martinelli).
Buona lettura :-)

11- “gli scambi relativi alle interviste”: da exchanges, in italiano conversazioni o corrispondenza
11 – “la musica è descritta per strumenti in do”: trascritta
13 – “usavamo quella piccola alcova dove si incontrano le strade per giocare a palla”: una alcova in cui si gioca a palla?
24: “il più infame di questi studi”: da infamous, in italiano “famigerato”
27: “Morgan suonava la tromba di richiamo”… gli piacque la cornetta e “cominciò a volere un corno”… “voglio comprare un corno per Lee”: horn nell’americano dei jazzisti vale qualsiasi fiato, ma qui è sempre tradotto “corno”
27: “le scritture arabesche” dei metodi classici per tromba: incomprensibile
35: “se perdevi potevi scuotere le mani”: da to shake hands, darsi la mano
38: “svuotava le chiavi dell’acqua”: la valvola
41: “la letteratura dei virtuosi di cornetto”: non i pasticceri, ma i trombettisti
41 “sedevano nella bocca dell’orchestra”: forse la buca?
45: “chi voleva sedersi accanto a questi grandi nomi”: non su una panchina, da to sit in che vuol dire prender parte a una jam
46: “eventualmente” traduce sempre “eventually” (in seguito)
51: Morgan “suonava il corno alto”
61: “ci si poteva sedere nel retro”: in italiano il retrobottega è il magazzino: qui ci si siede “dietro”, nei posti più lontani
64/65: “Amico, qui non imparerò a suonare la batteria così”… “fai muovere le tue dita e tutto quel genere di cose”, esempi della naturalezza con cui l’inglese viene restituito in italiano
69: “Alle feste, i jazzisti più conosciuti prima suonavano l’R&B e il doo-wop… le signorine iniziavano a diminuire”. Perdevano peso?
75 “scibile urbano”: ?
82: “la prima linea”: la frontline, in italiano “i solisti”
87: “Erano terrorizzati dall’atmosfera e cadevano a pezzi”: To fall in pieces, fallire, crollare
95: “la progressione di accordi che conteneva cinque, quattordici e diciotto melodie era stata creata in modo da creare progressioni armoniche meno regolari nel ritmo….”: questa proprio non me la spiego.
104 “appuntamento di registrazione”: recording date
108 “ufficio prenotazioni”: booking agency
118: “Il supporto degli USA alla mafia in guerra contro Mussolini”: una innovativa visione storica
125: “Blakey affonda la band in un rollio”: non è il Titanic, solo un roll
125: “nel secondo chorus di scambi i corni cominciano a tessellare”: no comment
126: “Blakey smorza la sua enfasi per cambiare una battuta di quattro in una piatta di quattro”. Una piatta?
144: “… comprende lunghe sezione (sic) a tono intero in un altrimenti convenzionale schema a trentadue battute, in forma La-La-Si-La.” Devo spiegare? E’ un libro tradotto dall’inglese. In inglese le note hanno altri nomi che partono da A (La). Lo schema La-La-Si-La è… AABA!


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