Vi immaginate di esser guidati attraverso gli anfratti di un’elegante giardino ottocentesco da due…”folletti” biancovestiti, e condotti sull’orlo delle scene del Romeo e Giulietta Shakespeariano tanto da poterci quasi infilare un piede dentro, e creder d’esser lì? E quando siete ormai assorti nel dialogo, presi dall’emozione di trovarvi proprio dentro la tragedia, commossi e incantati dalla luce che fa brillare gli abiti tutti bianchi nella luce crepuscolare già quasi notte, vi immaginate che il tintinnio di un campanello vi risvegli e vi guidi (dài!) alla scena seguente dove, che ne so, sulla soglia di una grotta di pietra Romeo discute animatamente col frate Lorenzo? Oppure tra le foglie del bosco, dove la balia si dispera per la morte di Tebaldo, mentre sullo sfondo Romeo, bandito, pedala verso il suo esilio? O ancora in un angolo più oscuro che ospita l’alcova ultimo luogo d’incontro degli innamorati da vivi? Ve lo immaginate?
La scena d’apertura, dal canto suo, mi era parsa un prologo in cui i simboli della vicenda sono decontestualizzati, idealizzati e tuffati nel verde di un prato alla stregua di quadri viventi, che si animano come ingranaggi addormentati: fanciulle che danzano o giocano con una scala come fosse un’altalena (sarà la scala del balcone di Giulietta?); ruote di bicicletta (quella che porterà lontano Romeo; o quella che non farà giungere in tempo il messaggero?), che diventano strumenti di lavoro - anche domestico; e infine, giovani che si sfidano a duello e invitano gli spettatori ad entrare nella storia, in un certo modo sfidando anche loro.
Dalla tragedia poi si riemerge, è quasi notte, il gioco è svelato e i personaggi/attori dagli abiti candidi possono porgerci sorrisi e saluti gentili.
Loro erano gli allievi del I e II anno del corso di recitazione dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, in Romeo e Giulietta – materiali, coordinati da Lorenzo Salveti, Rosa Maria Tavolucci e Monica Vannucchi; lo scenario era il giardino di Villa Redenta a Spoleto, nell’ambito di Progetto Accademia, per Spoleto 53 Festival dei 2 mondi.
Sono appassionati e bravi e un po’ scanzonati questi giovani attori, e a me pare che questo lavoro abbia reso il pubblico partecipe di un’esperienza preziosa, nella quale ognuno poteva sentirsi accompagnato con delicatezza e giocoso candore all’interno di una sorta di incantesimo del quale era, temporaneamente, ospite speciale; un’esperienza in cui il contatto ravvicinato con la scena ha accentuato l’aura magica della rappresentazione.