Magazine Racconti
Trame di cammini intessute su sipario di fumo.Volute ondeggianti.Sguardi che, rapidi si sottraggono.Punti piccoli, puliti, sulla polvere del palco.Da un cielo dipinto, si sottraggono quegli sguardi.Rimbalzano gli occhi sull’impiantito.
Morti, o meglio, nascosti alla vita,oltre alle quinte, nei nomi disarmati.La brace.
Le comparse che si trascinano cieche,il vento.Traiettorie aeree dei disarmati nomi,le comparse che si trascinano cieche,ondeggianti, che così volute,tracciano le proprie agoniesulla vecchia disintegrata pelleche si proclamò pianeta.L’ossigeno che si dice fumoil fumo che è l'ora,s’avvita nelle loro trachee.L’odore dei passi, e sì:dei passi l’odore s’avventa sulle mie carniodore armatod’artigli di fierada fiera.Incerto s’avviluppa il presenteE con ciò il mio passato.
In questa notte a cui non sappiamo rinunciareMi riconosco dal suono dei miei passi.Non ci sarebbe fumo se non ci fosse ossigeno,per questo sarebbe facile rinunciareordite un re perché non vogliamo colpeper questocamminiamoed io che mi riconoscoche i miei passi mi riconosconoho imparato a non confondermi con chi mi precedemi seguem’appaiafra spirem’appaiasospirare-spira(la reggia brucia, no, bruciò: finito è l’ossigeno.E con quello la paura.)