Non conosco bene Joe R. Lansdale e forse la letteratura americana che frequento di più ha radici che affondano d'altre parti - New York e la Costa atlantica oppure la California. Meglio così, però: per me è stata una bella scoperta.
Siamo nel Texas (Il Texas è uno stato mentale, dice Lansdale), negli anni della Grande Depressione. Ed è inevitabile, mi sa, il confronto con un grande, grandissimo libro che racconta quegli anni, Furore di John Steinbeck.
La c'era la speranza consegnata a un altrove - una famiglia che cerca la fortuna all'ovest - qui non andiamo oltre un villaggio di disgraziati nato intorno a una segheria e ai primi pozzi di petrolio. Là la miseria intravede una possibilità di solidarietà, qui c'è il coraggio di una donna che prova a riscattare il suo destino e a farsi carico di un'intera comunità. Nell'uno e nell'altro libri, comunque, manca ancora un Roosevelt capace di tracciare una nuova strada: e si vede.
Ma questo non è un libro da raccontare. E' un libro da godere, abbandonandosi alla forza dei dialoghi, al susseguirsi dei colpi di scena che non tolgono niente alla potenza descrittiva di pagine che raccontano il Sud nella sua interezza, dal Ku Klux Klan agli appetiti scatenati dal petrolio.
Sì, mi ci voleva proprio un libro così.