Ormai è una moda di Hollywood, quella di darsi la zappa sui piedi, di sfruttare buone idee senza dare lo spazio giusto alla pre-produzione, oppure siamo noi che ci aspettiamo troppo da queste sceneggiature apparentemente potenti o dai loro scrittori. Fatto sta che Transcendence non riesce mai ad offrire qualcosa di interessante allo spettatore né a sfruttare quelle quattro idee messe in croce proposte dalla storia. Johnny Depp è Gesù 2.0, ovvero uno scienziato che grazie alla tecnologia del suo tempo è riuscito ad inventare un software in grado di renderlo immortale, almeno tramite la rete. Duplicandosi online è riuscito a sopravvivere alla morte e a sfruttare il proprio genio per tentare di salvare il mondo da malattie, guerre, pestilenze, fame, carestie.... Oh, pardon, non è affatto così, perché l'unica cosa che questa sottospecie di Dio virtuale riesce a fare è curare un cieco, salvare la vita ad un operaio rapinato e pestato a sangue e poco altro. Niente soluzione alla fame nel mondo, benché questa moderna tecnologia permetta a Depp di creare praticamente dal nulla ogni genere di materiale. La parte geniale, però, deve ancora arrivare: Paul Bettany viene rapito da un pugno di reazionari contrari alle idee e al progresso di Depp e, insieme, decidono di spegnere il suo illimitato potere prima che sia troppo tardi (il buon professore sta infatti connettendo alla rete quante più persone possibili al fine di creare un proprio "esercito", togliendo loro personalità e quant'altro). L'unico modo per annullare tutto questo è eliminare definitivamente internet ed elettricità, realizzando un millennium bug a tavolino che tolga la corrente a tutto il mondo occidentale (non è uno spoiler, perché il buon Bettany ci racconta la conclusione della battaglia durante i primi cinque minuti di film); tutto questo senza nessuna conseguenza per la vita sulla Terra, che ormai dipende dal web e dalla corrente elettrica. Niente più congelatori, niente più telefoni cellulari, né automobili... E nemmeno una linea di voce fuori campo a spiegare le conseguenze di tutto ciò? Lasciamo veramente spiegare tutto questa ad un dettaglio di una tastiera per computer utilizzata come zeppa per una porta? Ecco, questo, in fondo, è Transcendence, un film dal potenziale illimitato che però non sfrutta niente di tutto quello che potrebbe raccontare per ripiegare invece sulla solita, trita, inconsistente morale dell'amore eterno (finché dura). Chiariamoci, però: poche sono le colpe attribuibili a Wally Pfister, che alla sua opera prima commette l'unico errore di perdere (o prendere) tempo con la macchina da presa al fine di raggiungere un consistente minutaggio complessivo. Al di là di questo, le colpe sono esclusivamente della produzione che, nonostante abbia scovato del buono nello script dell'esordiente Jack Paglen, ha deciso di trascurare il passaggio di sviluppo e passare direttamente alle riprese. Cast sprecatissimo (da Morgan Freeman a Cillian Murphy, compaiono poco e sono poco incisivi), musiche derivative (Mychael Danna si sarebbe potuto chiamare tranquillamente Hans Zimmer e nessuno avrebbe notato la differenza) e una storia che non va oltre l'idea. Queste, signori, sono tutte pecche di produzione, per cui sì, magari sarò troppo accusatorio, troppo "fissato", troppo estremista, ma anche questa volta la colpa è del "caro" Christopher Nolan (aggiungo questa parentesi visto che in molti di voi non capiranno la sottile ironia che c'è nell'ultima frase per cui no, Nolan non è la causa. Non l'unica, è "solo" produttore esecutivo).
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Ormai è una moda di Hollywood, quella di darsi la zappa sui piedi, di sfruttare buone idee senza dare lo spazio giusto alla pre-produzione, oppure siamo noi che ci aspettiamo troppo da queste sceneggiature apparentemente potenti o dai loro scrittori. Fatto sta che Transcendence non riesce mai ad offrire qualcosa di interessante allo spettatore né a sfruttare quelle quattro idee messe in croce proposte dalla storia. Johnny Depp è Gesù 2.0, ovvero uno scienziato che grazie alla tecnologia del suo tempo è riuscito ad inventare un software in grado di renderlo immortale, almeno tramite la rete. Duplicandosi online è riuscito a sopravvivere alla morte e a sfruttare il proprio genio per tentare di salvare il mondo da malattie, guerre, pestilenze, fame, carestie.... Oh, pardon, non è affatto così, perché l'unica cosa che questa sottospecie di Dio virtuale riesce a fare è curare un cieco, salvare la vita ad un operaio rapinato e pestato a sangue e poco altro. Niente soluzione alla fame nel mondo, benché questa moderna tecnologia permetta a Depp di creare praticamente dal nulla ogni genere di materiale. La parte geniale, però, deve ancora arrivare: Paul Bettany viene rapito da un pugno di reazionari contrari alle idee e al progresso di Depp e, insieme, decidono di spegnere il suo illimitato potere prima che sia troppo tardi (il buon professore sta infatti connettendo alla rete quante più persone possibili al fine di creare un proprio "esercito", togliendo loro personalità e quant'altro). L'unico modo per annullare tutto questo è eliminare definitivamente internet ed elettricità, realizzando un millennium bug a tavolino che tolga la corrente a tutto il mondo occidentale (non è uno spoiler, perché il buon Bettany ci racconta la conclusione della battaglia durante i primi cinque minuti di film); tutto questo senza nessuna conseguenza per la vita sulla Terra, che ormai dipende dal web e dalla corrente elettrica. Niente più congelatori, niente più telefoni cellulari, né automobili... E nemmeno una linea di voce fuori campo a spiegare le conseguenze di tutto ciò? Lasciamo veramente spiegare tutto questa ad un dettaglio di una tastiera per computer utilizzata come zeppa per una porta? Ecco, questo, in fondo, è Transcendence, un film dal potenziale illimitato che però non sfrutta niente di tutto quello che potrebbe raccontare per ripiegare invece sulla solita, trita, inconsistente morale dell'amore eterno (finché dura). Chiariamoci, però: poche sono le colpe attribuibili a Wally Pfister, che alla sua opera prima commette l'unico errore di perdere (o prendere) tempo con la macchina da presa al fine di raggiungere un consistente minutaggio complessivo. Al di là di questo, le colpe sono esclusivamente della produzione che, nonostante abbia scovato del buono nello script dell'esordiente Jack Paglen, ha deciso di trascurare il passaggio di sviluppo e passare direttamente alle riprese. Cast sprecatissimo (da Morgan Freeman a Cillian Murphy, compaiono poco e sono poco incisivi), musiche derivative (Mychael Danna si sarebbe potuto chiamare tranquillamente Hans Zimmer e nessuno avrebbe notato la differenza) e una storia che non va oltre l'idea. Queste, signori, sono tutte pecche di produzione, per cui sì, magari sarò troppo accusatorio, troppo "fissato", troppo estremista, ma anche questa volta la colpa è del "caro" Christopher Nolan (aggiungo questa parentesi visto che in molti di voi non capiranno la sottile ironia che c'è nell'ultima frase per cui no, Nolan non è la causa. Non l'unica, è "solo" produttore esecutivo).
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