Su “La Repubblica” (edizione Palermo), Laura Spanò, oggi fa il punto della situazione dopo la conclusione della missione in diocesi del visitatore apostolico.
Trapani, scandalo alla curia l’ex economo fuori dalla Chiesa
L’intervento del Vaticano conferma la sospensione a divinis. Al centro della vicenda, oggetto di un’indagine penale, la sparizione di un milione di euro
di LAURA SPANO’
E’ il primo punto fermo che emerge da quando, dall’anno scorso, la curia di Trapani si è trovata al centro di gravi scandali. Il vicario della Diocesi, monsignor Liborio Palmeri, ha reso noto che dalla Santa Sede è giunto il decreto con il quale si è confermata la sospensione a divinis di padre Ninni Treppiedi, ex direttore degli uffici amministrativi della curia di Trapani, e per un certo periodo a capo della Chiesa di Alcamo, una delle più antiche e ricche di storia, cultura, ma anche soldi.
Treppiedi “è stato sospeso da tutti gli atti della potestà di ordine e dall’esercizio di qualsiasi incarico o ufficio ecclesiastico”. Nel decreto si fa riferimento alle violazioni, in sostanza una ingente somma di denaro, appartenuta alla Chiesa di Calatafimi-Segesta che non sarebbe stata rendicontata.
Il Vaticano è arrivato prima della magistratura italiana che nel frattempo ha aperto una indagine: la Santa Sede con un decreto firmato dal cardinale Piacenza, ha colpito il sacerdote che adesso, sospeso da ogni funzione, è una sorta di sorvegliato speciale al quale è stato intimato di rendicontare una serie di spese, nell’ordine del milione di euro, fatte per la riparazione alcune chiese nel territorio di Calatafimi.
Padre Treppiedi avrebbe giostrato molto bene le carte profittando del fatto che per un lungo periodo è stato direttore degli uffici amministrativi della Diocesi.
Il Vaticano ha avanzato precise contestazioni che se commesse da un laico comporterebbero l’adozione di misure penali molto gravi: la Santa Sede ha contestato a padre Treppiedi l’appropriazione di 16 mila euro che sarebbero stati pagati “fuori sacco” da un soggetto (che ha confermato la circostanza) che aveva comprato da padre Treppiedi beni ecclesiastici per 40 mila euro; l’appropriazione di denaro per 147 mila euro, soldi presi da conti correnti della chiesa di Calatafimi e che il sacerdote avrebbe monetizzato dopo che la somma è stata divisa su assegni circolari e il relativo utilizzo non sarebbe stato mai rendicontato.
Uno dei mezzi che il sacerdote avrebbe usato per difendersi è stato quella della trascrizione della registrazione di alcuni colloqui: uno di questi è quello che è avvenuto tra i suoi familiari ed il vescovo della Diocesi durante il quale era stata offerta la sua disponibilità “a riparare”.
Al Vaticano anche questa circostanza non è piaciuta, “l’obbligo a riparare al danno arrecato è di chi l’ha causato…significa anche una ammissione che quel danno è stato causato”.
I colpi di scena però non sembrano finiti. Perché tra i punti da chiarire, ma di questo si sta occupando la Procura di Trapani, c’è una lettera a firma del vescovo Micciché che indirizzata al capo della P4 Luigi Bisignani è saltata fuori nei giorni in cui la Diocesi decideva di sospendere padre Treppiedi.
Monsignor Micciché ha dichiarato di non avere mai scritto quella lettera, che costituisce un clamoroso falso accertato dalla Procura ma che rimane un ulteriore tassello di questo mosaico.
(16 marzo 2012)