Quest’anno non ho aperto alcun uovo di Pasqua e la cosa mi ha abbastanza depresso, per ricaricarmi quindi ho fatto un salto al cinema. Volevo fiondarmi a vedere Grand Budapest Hotel, il nuovo lavoro dell’amato Wes Anderson, ma nel The Space dove vado di solito hanno deciso che non gli piaceva…quindi non lo danno. I miei amici mi hanno quindi trascinato a vedere Trascendence, un film con Jhonny Depp diretto da Wally Pfister, che oltre ad avere un cognome che non so come diamine si pronunci è al suo primo lavoro dietro la macchina da prese, mentre prima ha sempre fatto il direttore della fotografia per Christopher Nolan, con il quale ha vinto anche un oscar per Inception. Uno che, insomma, un po’ di cinema di qualità l’ha vissuto e ha deciso di gettarsi in prima persona nel mondo dei bambini grandi.
Protagonista della pellicola è Will Caster (Depp), uno dei più importanti ricercatori in ambito Intelligenza Artificiale sul pianeta, insieme a sua moglie Evelyn (Rebecca Hall), l’amico Max (Paul Bettany) e il comune professore Tagger (Morgan Freeman). Loro insieme ad altri scienziati lavorano allo sviluppo di un computer intelligente che abbia anche coscienza di se, ma un bel giorno un gruppo di terroristi tecnologici che ripudia l’idea di una macchina intelligente (probabilmente dopo aver visto Matrix) attacca vari laboratori e spara a Caster, ferendolo. Il proiettile, però, contiene uranio impoverito che avvelena il corpo di Caster. La moglie basandosi sulla ricerca di un collega, decide di trasportare la mente del marito su un hard disk e salvarlo con l’aiuto di Max. L’esperimento riesce, ma Max è preso dai dubbi, mentre il Caster digitale chiede subito di essere collegato a internet dal quale acquisisce una grande mole di informazioni e amplia la sua mente sul globo.
Il film ha come scopo ultimo quello di mettere in evidenza i rischi (ma anche i benefici) della creazione di una mente artificiale, distaccata dalle emozioni umane e orientata solamente al progresso. Un tema trattato circa qualche miliardo di volte, ma sempre in tema fantascientifico, mentre qui la dimensione rimane più futuribile ma reale (in alcuni punti). Il fatto che quello di Pfister sia un esordio, però, si fa sentire e il film sembra non decollare mai. Agli enormi buchi di trama risolti con la scritta “due anni dopo”, si aggiunge l’incapacità di mostrare un dualismo concreto fra il contesto globale (richiesto dalla tematica di fondo) e quello locale (ovvero la love story tra Evelyn e il Carter digitale), rendendo il tutto piuttosto confuso e aleatorio. Alcune azioni dei personaggi lasciano abbastanza perplessi, come l’ingresso nella camera del motel con le tute anti-infezione (usate solo quella volta e poi mai più messe) o addirittura l’intera sequenza finale, facilmente prevedibile da un supercomputer vivente. Il film, inoltre, ti spoilera il finale nei primi cinque minuti (con un grosso risentimento personale), quindi si presuma che la “roba forte” sia nel mezzo…invece no.
Gli argomenti che la pellicola getta sul tavolo sono tanti: informatica, religione, eugenetica, etica, morale, filosofia…forse troppi. Alla fine, infatti, non si riesce a capire da che parte stia questo film, tutto è lasciato all’interpretazione…all’inizio sembra stare dalla parte dei ricercatori, poi dei terroristi che combattono per l’umanità, poi se ne lava le mani e alla fine di tutto, se ci pensi bene, non è che il Jhonny Depp digitale non c’avesse tutta sta ragione. Pfister getta il sasso e nasconde la mano…”Tu che ne pensi delle intelligenze artificiali? Secondo me…ah scusa devo andare, ciao”. Per dircela tutta gli argomenti proposti nel film sono affrontati (spesso uno alla volta) in altri lavori migliori; e qui mi viene in mente subito la serie tv inglese Black Mirror, alla quale pare che il film abbia saccheggiato qualcosa.L’unico che alla fine si salva è Paul Bettany, che per i miei gusti lavora sempre troppo poco, mentre l’intero film parte con un concept interessante che poi non è in grado di sviluppare e per risolvere l’impasse prende pezzi a caso di altre robe, ma non funziona, quindi finisce e basta…poi si accendono le luci e l’unica cosa che hai in testa è “…mah”.
P.S.: sono contento però che finalmente Jhonny Depp sia tornato a fare una parte serie, senza dover per forza fare il pagliaccio…l’ultimo film dove non deve fare la parte dello scemo o del rimorchione con lo sguardo a mezz’asta credo risalga precisamente a dieci anni fa.