Trasparire

Stamattina c’era questa pubblicità sulle terga di un autobus, diceva: Gustati il quinto. Il nostro impegno per un credito trasparente. Era rivolta ai pensionati. Il senso era: molla un centone al mese dei cinque che pigli di pensione, fai un debito regolare, durevole, sempiterno, di quelli che estinguerai solo con la morte, sei ancora giovane, oddio, abbastanza da poter guidare una macchina e arrancare in coda a un autobus mentre intorno a te tutti filano da qualche parte con l’aria boriosamente affaccendata, curati di essere radioso che alla tua felicità pensiamo noi.

Oggi una collega, con aria avvilita, mi fa: “Ho scoperto di essere trasparente”. Le chiedo: “Perché?”. Mi spiega: “Quando saluto qualcuno nei corridoi, non mi risponde mai nessuno”.

Al bar c’è un televisore sospeso in aria. È sempre acceso su un canale che manda ininterrottamente videoclip musicali. Quando entro, vedo la gente che turbina il cucchiaino nella tazzina del caffè fissando con aria stordita i videoclip musicali. Della gente che frequenta il bar, sette su dieci non hanno l’aspetto di gente abitualmente interessata ai videoclip musicali. Eppure nel bar guardano i videoclip musicali come se questa fosse la cosa più interessante del mondo. Io guardo loro che guardano i videoclip musicali come se loro fossero la cosa più interessante del mondo. Il barista guarda me che guardo loro che guardano i videoclip musicali come se io e loro fossimo la cosa più interessante del mondo.

Trasparire [tra-spa-rì-re]: sparire attraverso un corpo diafano.