Riporto qui di seguito la traduzione del primo capitolo del libro di Peter Breggin "Brain-Disabling Treatments in Psychiatry: Drugs, Electroshock, and the Role of the FDA" (1997, Springer Publishing Company) ovvero "Trattamenti psichiatrici che danneggiano il cervello: Psicofarmaci, Elettroshock e il ruolo della FDA" Tale scritto era disponibile on line sul vecchio sito dello psichiatra statunitense Peter Breggin, e la sua traduzione in italiano è presente sul web da anni (la pubblicazione è stata concordata anni fa con l'autore). Peter R. Breggin è un medico psichiatra, ma fa parte del piccolissimo gruppo di psichiatri che critica aspramente - con precise argomentazioni scientifiche - i classici sistemi di "trattamento" psichiatrici (contenzione, psicofarmaci, elettroshock). Ha già scritto diversi libri sui danni causati da simili "terapie" ed ha anche messo a punto un'alternativa basata sul rapporto umano e l'ascolto che egli chiama "terapia empatica".
Nel suo libro più recente Breggin si è focalizzato su come smettere l'assunzione di psicofarmaci, dal momento che, come scrive egli stesso sul proprio sito, se è pericoloso assumerli, è spesso altrettanto pericoloso smetterli: La maggior parte degli psicofarmaci possono causare reazioni durante la loro dismissione, che includono talvolta problemi fisici ed emozionali che possono costituire un pericolo mortale. La sospensione degli psicofarmaci andrebbe fatta attentamente sotto un'esperta supervisione clinica.
Purtroppo non esistono traduzioni integrali in italiano dei libri di Peter Breggin.
Trattamenti psichiatrici che danneggiano il cervello
Capitolo 1
Nell’ultima decade è aumentato continuamente il ricorso agli psicofarmaci, non solo all’interno della psichiatria, ma nella medicina nel suo complesso, e persino nell’ambito scolastico. Praticamente ogni paziente che viene ricoverato in una struttura psichiatrica è incoraggiato o forzato a prendere tali farmaci. C’è una tendenza all’interno della pschiatria a rendere più semplice la costrizione che obbliga i pazienti a ricevere iniezioni di farmaci a lento rilascio (e lunga azione) per una cura extra-ospedaliera. È usanza comune degli psichiatri privati dare ai pazienti un farmaco durante la prima visita e spiegare loro che avranno bisogno di farmaci per tutta la vita. Medici di famiglia, internisti ed altri medici prescrivono in gran quantità antidepressivi e tranquillanti minori. Professionisti non medici, come gli psicologi e gli assistenti sociali, si sentono obbligati a consigliare ai loro pazienti una valutazione di trattamento psicofarmacologico. In questo maniera la medicalizzazione farmacologia porta aggressivamente all’esclusione della psicoterapia. Farmaci per adulti vengono prescritti in quantità sempre maggiori ai bambini. Anche i non professionisti si sono uniti all’entusiasmo per gli psicofarmaci. A causa del supporto dato dai mass-media a questa campagna a favore dei farmaci, ed a causa delle campagne pubblicitarie e promozionali delle case farmaceutiche, i pazienti spesso arrivano allo studio del dottore avendo già in mente il nome di una medicina. I docenti spesso raccomandano agli alunni una valutazione di trattamento psicofarmacologico. Come un aspetto di questo complessivo riemergere della bio-psichiatria (2), l’elettroshock è diventato sempre più popolare. Persino la psicochirurgia trova nuovamente chi parla in favore di essa (vedi Breggin & Breggin, 1994b). Questa "rivoluzione del farmaco" vede gli psicofarmaci come qualcosa che alla lunga è più utile che dannoso, persino come una cura in senso assoluto. Alla stessa stregua dell’insulina o della penicillina, essi sono visti come un trattamento specifico per una specifica malattia. Spesso viene detto che tali farmaci correggono degli squilibri biochimici nel cervello. Queste ipotesi hanno creato un ambiente in cui è difficile porre l’accento sugli effetti nocivi dei farmaci; criticare per principio gli psicofarmaci è ormai considerata un’eresia, poco diffusa per giunta. Questo libro difende un punto di vista decisamente differente, ossia che gli psicofarmaci svolgono il loro ruolo essenzialmente causando disfunzioni cerebrali, e che a lungo andare fanno molto più male che bene. Mostrerò che gli psicofarmaci non sono trattamenti specifici per nessuna specifica malattia mentale. Invece di correggere squilibri biochimici, gli psicofarmaci sono loro a causarli, a volte in maniera permanente. La critica in questo libro coincide con un punto di vista alternativo, cioè che gli approcci sociali, educativi e spirituali sono i più utili nell’aiutare gli individui a superare i propri problemi personali e a vivere una vita più piena di significato. Ho già descritto altrove alcuni di tali approcci (Breggin, 1991a, 1992a, 1997; Breggin & Breggin, 1941; Breggin & Stern, 1996). Molti altri hanno continuato a dar voce, da differenti punti di vista, ad un forte criticismo del modello organicistica e dei trattamenti medici (Armstrong, 1993; Breeding, 1996; Caplan, 1995; Cohen, 2990; Colbert, 1995; Fisher & Greenberg, 1989; Grobe, 1995; Jacobs, 1995; Kirk & Kutchins, 1992; Modrow, 1992; Mosher & Burti, 1989; Romme & Escher, 1993; Sharkey, 1994). Qui voglio ribadire i presupposti impliciti usati per giustificare i trattamenti con farmaci e con elettroshock in psichiatria, e per documentare i loro effetti di debilitazione e danneggiamento e del cervello. I principi che sono introdotti in questo capitolo saranno documentati ed elaborati lungo tutto il corso del libro. Per questo le citazioni saranno omesse nel capitolo.
I principi cerebro-debilitanti dei trattamenti I moderni trattamenti farmacologici dalla psichiatria guadagnano la loro credibilità da alcune assunzioni che sia i professionisti che i profani spesso accettano nella stessa maniera come se fossero provate scientificamente. Queste assunzioni sottintese in realtà sono dei miti: si tratta di falsità sulle quali si regge un sistema di pensiero ed un insieme di pratiche. In contrasto con questi miti, questo libro identifica le basi di funzionamento della psicofarmacologia che sono state provate con evidenze cliniche e scientifiche. Mentre questo libro nella sua interezza fornisce le prove di questi principi, questo capitolo li riassume: I Tutti i trattamenti biopsichiatrici hanno in comune la maniera in cui esplicano la loro azione, ossia il danneggiamento e l’alterazione delle normali funzioni cerebrali. I farmacologi parlano di un indice terapeutico delle medicine, il rapporto fra gli effetti benefici e quelli tossici. In realtà i trattamenti biochimici sul cervello sono tali che l’effetto tossico e quello terapeutico coincidono. Lo stesso dicasi per l’elettroshock e la psicochirurgia. Da quello che sappiamo dalla neurologia appena una sostanza estranea entra in contatto col cervello, i suoi effetti tossici si manifestano subito anche come effetti psicoattivi. Senza tossicità il farmaco non avrebbe alcun effetto psicoattivo. II Ogni intervento biopsichiatrico causa disfunzioni cerebrali generalizzati. Sebbene trattamenti specifici hanno effetti differenti e riconoscibili sul cervello, essi hanno in comune la capacità di produrre disfunzioni generalizzate con qualche grado di danneggiamento su tutto lo spettro delle funzioni emotive e intellettuali. A causa del fatto che il cervello è altamente integrato (3), non è possibile disabilitare in maniera circoscritta alcune funzioni cerebrali senza danneggiarne varie altre. Per esempio, anche la produzione di una leggera mancanza di sensitività emozionale, di letargia, o di senso di stanchezza, danneggia le funzioni cognitive quali l’attenzione, la concentrazione, la prontezza di riflessi, la coscienza di sé stessi e la sensibilità sociale. Elettroshock e psicochirurgia ovviamente producono sempre disfunzioni generalizzate. Alcuni farmaci a volte possono non produrre tali effetti se vengono presi a dosaggi minimi, ma è anche vero che difficilmente esplicano il loro effetto terapeutico a quei dosaggi. III I trattamenti biopsichiatrici esplicano i loro effetti "terapeutici" danneggiando le più alte funzioni umane, inclusa la reattività emozionale, la sensibilità sociale, l’auto-coscienza e la capacità di auto-comprensione, l’autonomia e l’autodeterminazione. Effetti più drastici possono essere apatia , euforia e una sorta di indifferenza tipica delle persone lobotomizzate.Le più alte funzioni mentali, psicologiche e spirituali sono danneggiate dagli interventi biopsichiatrici. Questo danno è causato da una parte da una disfunzione generalizzata del cervello, e dall’altra di specifici effetti sul lobo frontale, il sistema limbico e altre strutture. A volte si arriva a una indifferenza tipica delle persone lobotomizzate nei confronti di sé stessi e degli altri, una sindrome che io ho chiamato "deattivazione". I trattamenti biopsichiatrici sono considerati efficaci quando i medici e/o i pazienti preferiscono uno stato di funzionalità cerebrale ridotta e quindi di minore capacità mentale, minore espressione emozionale. Se l’individuo trattato con psicofarmaci riferisce sentimenti ancora più forti e potenti, questo è molto probabilmente causato da un stima irreale di quello che succede, da una danneggiata capacità di giudizio, o euforia (4). Quando pazienti che assumono un terapia in "dose di mantenimento" non provano nessun effetto, o la dose è troppo bassa per avere un effetto clinico o il paziente è in capace di percepire l’effetto del farmaco. IV Ogni trattamento biopsichiatrico produce i suoi effetti primari ed essenziali di danneggiamento del cervello su ogni persona, compreso volontari e pazienti con differenti diagnosi psichiatriche A dispetto delle radicate convinzioni di chi propone gli psicofarmaci, non ci sono specifici effetti psicoattivi dei farmaci per specifici disordini mentali. Esiste ovviamente una certa varietà biologica e psicologica nella maniera in cui la gente risponde ai farmaci, all’elettroshock, persino alla lobotomia o ad un’accidentale incidente alla testa. Ad ogni modo, come principio generale, gli interventi biopsichiatrici hanno effetti non specifici che non dipendono dallo stato mentale della persona che li assume (5). Per esempio, sarà mostrato che i neurolettici e il litio hanno lo stesso effetto su pazienti, animali e volontari. V I pazienti rispondono ai trattamenti cerebro-debilitati con le loro proprie reazioni psicologiche, come apatia, euforia, accondiscendenza o risentimento. C’è una qualche variazione nel modo in cui gli individui rispondono ai farmaci. Per esempio lo stesso antidepressivo addormenterà una persona e ne ecciterà un’altra. Il Ritalin rende tranquilli molti bambini, ma agita gli altri. Può essere molto difficile separare le risposte indotte dai farmaci da quelle indotte dalla nostra psicologia. Per esempio, quasi tutti gli antidepressivi possono causare euforia e mania (6). Allo stesso tempo, alcune delle persone che ricevono questi farmaci hanno le loro proprie tendenze a sviluppare certi stati mentali. Similmente una varietà di farmaci sono capaci di generare agitazione e ostilità nei pazienti, tali risposte possono anche essere sviluppate senza farmaci. La docilità e l’accondiscendenza che sono state osservate in seguito alla somministrazione dei neurolettici può essere causata dalla sindrome da deattivazione indotta dai farmaci, ma può anche derivare dal fatto che il paziente si rende conto che una ulteriore resistenza è futile o pericolosa. Più in là nel corso di questo capitolo, introdurrò il concetto di "iatrogenic helplessness and denial" (7) riguardo all’effetto combinato degli effetti neurologici e psicologici dei trattamenti biopsichiatrici. Nel capitolo 11, discuterò alcuni criteri per verificare quando un farmaco in sé stesso può causare una risposta mentale ed emozionale abnorme, incluso un comportamento distruttivo. VI Le sofferenze mentali ed emotive ordinariamente trattate con interventi biopsichiatrici non hanno cause genetiche o biologiche. A dispetto di più di due secoli di ricerca intensiva, di nessun disordine psichiatrico comunemente diagnosticato è stata scoperta una causa genetica o biologica, inclusa la schizofrenia, la depressione, il disordine maniaco-depressivo, i vari disturbi dell’ansia, e i disordini dei bambini come il disturbo dell’attenzione-iperattività. Al momento per quanto ne sappiamo non ci sono squilibri biochimici nelle menti dei pazienti psichiatrici fino a quando non vengono somministrati loro i farmaci. È puramente speculativo ed è persino naif asserire che antidepressivi come il Prozac correggono una neurotrasmissione serotoninergica ipoattiva (uno squilibrio biochimico della dopamina), o che neurolettici come l’Haldol correggono neurotrasmissioni dopaminergiche iperattive (uno squilibrio della dopamina). Il fallimento del tentativo di dimostrare l’esistenza di una qualsiasi anormalità nei pazienti psichiatrici, a dispetto di decadi di sforzi intensivi, suggerisce che tali difetti biologici non esistono. Teoricamente è possibile che si scopra in futuro che alcuni dei problemi trattati dagli psichiatri abbiano una base biologica. Per esempio le funzioni mentali spesso migliorano quando alcuni disordini fisici, come l’ipotiroidismo o la Cushing’s Syndrome, sono adeguatamente trattati. Ad ogni modo, la grande maggioranza dei problemi ordinariamente trattati dagli psichiatri non sembra neanche lontanamente legata a malattie del cervello (vedi i capitoli 5 e 9). Per esempio, essi non producono i deficit cognitivi a livello della memoria o del ragionamento astratto caratteristici dei disordini cerebrali. Essi non sono accompagnati da febbre o da segni di malattia rilevabili tramite accertamenti di laboratorio. Al contrario, test neurologici e neuropsicologici generalmente indicano [nei cosiddetti "malati di mente"] funzioni cerebrali nella norma o al di sopra della norma, e anche il corpo risulta essere in salute. È molto difficile pensare che alcuni dei problemi ordinariamente trattati dagli psichiatri siano basati su malfunzionamenti del cervello piuttosto che da esperienze di vita di individui con cervelli normali. Se di alcuni pazienti diagnosticati come depressi o schizofrenici si scoprisse che abbiano leggeri squilibri biochimici, questo non giustificherebbe le correnti pratiche biopsichiatriche. Dato che queste supposti squilibri non sono stati ancora identificati, non ha alcun senso dare farmaci tossici, inclusi gli antidepressivi e neurolettici attualmente disponibili, dato che tutti danneggiano notevolmente le funzioni cerebrali. L’idea che uno stato irrazionale o di stress emotivo sia causato funzioni cerebrali danneggiate ed alterate è semplicemente falso. Una analogia con la televisione può illustrare perché sia così. Se un programma televisivo è offensivo o irrazionale, ciò non vuol dire che qualcosa sia guasto nella struttura o nell’elettronica del televisore. Non ha senso attribuire il cattivo programma televisivo a una cattiva programmazione a una cattiva struttura. Similmente, una persona può essere molto disturbata psicologicamente senza che ci sia nessun corrispondente difetto nella struttura cerebrale. Ad ogni modo, l’argomento è irrilevante, dato che nessun intervento biopsichiatrico contemporaneo può dimostrare realmente di correggere una disfunzione cerebrale nella stessa maniera in cui un esperto di elettronica può mettere a posto un televisore. Invece noi somministriamo ciecamente sostanze tossiche a un cervello che è molto più delicato e vulnerabile di un televisore. Addirittura noi usiamo l’elettroshock o mutiliamo il cervello in una maniera che allarmerebbe un riparatore o un venditore di TV, dato che corrisponde al danneggiamento del televisore stesso. É stato spesso ipotizzato che persone che soffrono di disturbi emozionali estremi, come allucinazioni e paranoie, o impulsi omicidi e suicidi, siano sufficientemente anormali da far pensare all’esistenza di una causa biologica del loro comportamento. Tuttavia la vita emozionale degli esseri umani ha sempre incluso un largo spettro di attività mentali e comportamentali. Che un particolare stato mentale o una particolare azione sia eccezionalmente irrazionale e distruttiva, non indica di per sé una causa fisica. D’altronde se certi comportamenti estremi necessitassero una spiegazione biologica, allora sarebbe nostro dovere reagire con comportamenti estremamente etici, razionali, e amorevoli a tali situazioni, dato che sono così rare nella vita umana. Il fatto che un farmaco funziona, cioè, influenza il cervello e la mente in una maniera che sembra positiva, non conferma il fatto che tale individuo soffra di un sottostante disordine biologico. In tutta la storia conosciuta, gli individui hanno medicato sé stessi per una varietà di ragioni psicologiche e spirituali, dalla richiesta di uno stato superiore di conoscenza al desiderio di una vita più sopportabile. Bevande alcoliche, caffè e te, tabacco, e marijuana cono comunemente consumati dalla gente per aumentare il loro senso di benessere. Lo stesso non c’è nessun motivo di credere che i risultati che essi ottengono siano dovuti ad un sottostante squilibrio biochimico. VII Se un disordine del cervello o della mente affligge già un individuo, gli interventi biopsichiatrici attualmente disponibili peggiorano il disordine. I trattamenti biopsichiatrici attualmente disponibili non sono specifici per nessun disordine conosciuto del cervello. Senza eccezione essi disabilitano le normali funzioni cerebrali senza correggere nessuna anormalità del cervello. Di conseguenza se un paziente sta soffrendo di un qualche noto disordine cerebrale, i trattamenti biopsichiatrico possono solo peggiorarlo. Un esempio classico è la somministrazione di Haldol per controllare i soggetti emozionalmente alterati che soffrono di Alzheimer. Invece che diminuire i sintomi della malattia il farmaco aggrava la demenza. Dopo che I farmaci psichiatrici sono stati sviluppati e commercializzati dalle aziende farmaceutiche, vengono fatti tentativi di giustificare il loro uso sulla base di presunti squilibri biochimici. Per esempio si è detto che il Prozac attui i suoi benefici effetti migliorando la neurotrasmissione serotoninergica. Anche l’elettroshock e la lobotomia sono giustificati dicendo che tali interventi correggono gli squilibri biochimici. Non c’è nessuna evidenza che queste intrusioni correggano uno squilibrio biochimico. Una vasta gamma di agenti cerebro debilitanti sono usati per trattare ogni tipo di disordine, qualsiasi cosa dal Prozac allo Xanax fino all’elettroshock è prescritto per la depressione, e ogni trattamento finisce per compromettere numerose funzioni cerebrali. In realtà, tutti gli interventi biopsichiatrici attualmente disponibili causano un danno diretto al cervello e quindi alla mente senza correggere nessuna disfunzione a noi nota. VIII I trattamenti biopsichiatrici individuali non sono specifici per I particolari disordini mentali. É stato speso detto che la psichiatria ha trattamenti specifici per specifiche categorie diagnostiche: per esempio, i neurolettici per la schizofrenia, li antidepressivi per la depressione, i tranquillanti minori per l’ansia, il litio per la mania, e gli stimolanti, come il Ritalin, per deficit dell’attenzione-iperattività. Nella pratica attuale il fatto che molti individui etichettati come schizofrenici vengano inizialmente trattati con neurolettici o che i cosiddetti depressi vengano trattati con antidepressivi, dipende in parte da una convenzione all’interno della professione. Quando un farmaco sembra più efficace rispetto a un particolare disordine, questo spesso dipende dal fatto che esso abbia un effetto soppressivo o energizzante sul SNC. Per esempio, se i pazienti cosiddetti depressi sono giù sia emotivamente che fisicamente, dare loro un neurolettico che causa ritardi a livello psicomotorio tenderà a farli peggiorare. Di questi pazienti si dice facilmente che sembrano migliorare quando vengono stimolati artificialmente. D’altra parte se i pazienti "schizofrenici" sono agitati e difficili da controllare, non avrebbe senso dare loro degli stimolanti. Di questi si dice che sono migliorati se assumono un neurolettico che riduce o appiattisce la loro risposta emotiva complessiva. Questi effetti di massima ad ogni modo sono ben lontani dall’essere risposte specifiche per malattie specifiche. IX Il cervello cerca di compensare fisicamente gli effetti disabilitanti degli interventi bio-psichiatrici, il che porta frequentemente all’insorgere di effetti collaterali negativi che si sommano a quelli già presenti, oltre alla difficoltà di sospensione del trattamento [fenomeni di dipendenza] Il cervello non accetta favorevolmente i farmaci psichiatrici come se fossero delle benefiche delle sostanze nutritive. Invece il cervello reagisce ad esse come fa con un qualsiasi agente tossico e cerca di sopraffare il loro impatto distruttivo. Per esempio quando il Prozac induce un eccesso di serotonina nella connessione sinaptica , il cervello compensa riducendo la fuoriuscita di serotonina nelle terminazioni nervose e riducendo il numero di recettori nella sinapsi che può ricevere la serotonina. Similmente, quando l’ Haldol riduce la reattività nel sistema dopaminergico, il cervello compensa, producendo iperattività nello stesso sistema in cementando il numero e la sensitività dei recettori della dopamina. È difficile se non impossibile determinare accuratamente la sottostante condizione psicologica di una persona che sta assumendo farmaci psichiatrici. Ci sono così tanti fattori che complicano la faccenda, inclusi gli effetti di disabilitazione cerebrale dei farmaci, le reazioni compensatorie del cervello e la risposta psicologica dei pazienti all’assunzione dei farmaci. A causa del fatto che il cervello cerca di compensare l’effetto di molti farmaci psicoattivi, i pazienti possono avere difficoltà ad abbandonare la maggior parte dei trattamenti psichiatrici. Fisicamente, il cervello non può riprendersi dall’effetto dei farmaci così velocemente come il farmaco può essere repentinamente tolto, e così il meccanismo compensatorio può avere bisogno di settimane o mesi per tornare alla normalità dopo che il farmaco è stato abbandonato. A volte, come succede nella discinesia tardiva, il cervello non riesce più a tornare alla normalità. Psicologicamente i pazienti hanno paura che le loro sofferenza emozionale peggiorerà senza farmaci. Gli può essere stato detto dagli psichiatri che essi hanno bisogno di medicine per il resto della loro vita. Ciò può rendere l’abbandono dei farmaci ancora più difficile. X Pazienti soggetti a interventi biopsichiatrici spesso mostrano poca capacità di giudizio sugli effetti positivi o negativi del trattamento sulle loro funzioni cerebrali. Disfunzioni cerebrali generalizzate tendono a ridurre l’abilità individuale a percepire la disfunzione. Persone danneggiate [dall’uso dei farmaci o altre sostanze tossiche] non solo tendono a minimizzare la loro disfunzione, ma spesso hanno una visione di sé stessi come se funzionassero meglio che mai. Gli individui intossicati dall’alcool, per esempio, spesso mostrano poca capacità di giudizio nello stimare la loro capacità di guidare un’automobile o di portare avanti una conversazione sensata. Molte persone che fumano regolarmente marijuana credono che essa migliori le loro funzioni psicologiche e sociali, ma se smettono di assumerla, diviene chiaro a loro stessi che la loro memoria, prontezza mentale, la sensibilità emozionale, la capacità di relazionarsi socialmente, sono stati danneggiati durante il periodo di assunzione della droga. Le persone intossicate con stimolanti, come l’anfetamina, possono sentire di avere capacità superiori o addirittura superumane, mentre in realtà sono spesso seriamente danneggiate. Lo stesso è vero per tutti i farmaci psichiatrici. Spesso il paziente si rende poco conto del grado di danno mentale o emozionale fino a quando il farmaco non viene sospeso per qualche tempo e il cervello ha il tempo di ristabilirsi. Nella mia esperienza di esperto medico clinico e forense, ho viso pazienti rimanere per anni in uno stato di seria intossicazione a causa di uno o più farmaci senza che se ne rendessero conto. Attribuendo le loro condizioni alle loro stesse risposte emozionali o a fattori di stress ambientale, essi possono persino chiedere più medicine. Dopo l’elettroshock o la psicochirurgia, i pazienti possono anche non capire la causa iatrogena della loro disfunzione mentale e credere di avere bisogno di ulteriori interventi. La difficoltà a percepire l’estensione del danneggiamento indotto dal trattamento può avere numerose cause psicologiche e fisiologiche: Rifiuto psicologico. Gli individui sopraffatti da sofferenza emotiva facilmente negano la loro disfunzione psicologica. Non vogliono ammettere di essere seriamente danneggiati a livello mentale. Se essi sperano di sentirsi meglio usando un farmaco, la negazione può essere ulteriormente rinforzata. Effetto Placebo. I pazienti hanno fede nel fatto che gli interventi biopsichiatrici saranno utili piuttosto che dannosi, e ciò fa sì che non vogliano vedere le disfunzioni indotte dal farmaco o che le attribuiscano ai loro problemi emozionali. Complicità. In misura molto notevole, i pazienti riferiranno ai dottori quello che i dottori vogliono sentire. Se uno psichiatra chiaramente vuole sentirsi dire che il farmaco è utile, e non dannoso, molti pazienti saranno accondiscendenti dando false informazioni o nascondendo ogni evidenza contraria. Confusione psicologicamente indotta. Individui psicologicamente alterati possono facilmente perdere la loro capacità di giudizio riguardo al peggioramento delle loro condizioni. Essi possono persino scambiare un negativo effetto collaterale del farmaco, come l’ansia causata da un tranquillante minore o la depressione causata da un narcolettico, per un peggioramento delle loro condizioni emotive. Tipicamente essi se la prendono con sé stessi invece che con le medicine. Quando il medico esagera nel vantare al paziente i benefici del farmaco e non informa il paziente dei suoi potenziali effetti collaterali, non fa che favorire tale confusione. Confusione indotta dai farmaci. Quasi tutti gli interventi bio-psichiatrici possono a volte indurre confusione, danneggiando la comprensione da parte del paziente delle disfunzioni mentali indotte dai farmaci. Anosognosia indotta dai farmaci. Anosognosia è un termine che si riferisce alla capacità del danno cerebrale di causare la negazione delle funzionalità perdute. L’ anosognosia è un segno della disabilitazione del sistema nervoso centrale (CNS) (vedi sotto e al capitolo 5). Essa ha basi fisiche in aggiunta ad una base psicologica. XI I medici che prescrivono gli interventi biopsichiatrici spesso hanno un concetto non realistico dei loro rischi e dei loro benefici. In anni recenti, dubbi sono stati sollevati sull’obiettività delle prove cliniche nelle quali i farmaci vengono comparati coi placebo o con altri trattamenti alternativi (vedi i capitoli 6 e 11). Troppo spesso i ricercatori sono influenzati dalle loro inclinazioni inconsce. Se gli studi clinici e scientifici possono essere distorti dai pregiudizi di chi li porta avanti, è ancora più facile che la pratica clinica quotidiana sia affetta dalle speranze e dalle aspettative del medico prescrivente. Moltissimi medici hanno prescritto farmaci per anni con entusiasmo eccessivo, prima che si provasse che gli agenti chimici dei farmaci sono inutili o inaccettabilmente pericolosi. Le anfetamine, per esempio, furono liberamente dispensate per molti anni a milioni di pazienti sia per la depressione che per il controllo del peso senza nessun riguardo per la loro mancanza di efficacia e per la dipendenza che esse inducevano nelle persone trattate. Similmente, I tranquillanti minori, quali il valium, furono dati a milioni di pazienti prima che la professione riconoscesse che essi hanno pochi o nessun effetto a lungo termine e che possono creare dipendenza. Sia la psicochirurgia che l’elettroshock continuano ad essere utilizzati, nonostante gli ovvi devastanti effetti sulla vita mentale dei pazienti e nonostante l’assenza di prove della loro efficacia. IMPOTENZA E RIFIUTO DI AMMETTERE LA VERITÀ: "IATROGENIC HELPLESSNESS AND DENIAL (IHAD)" Ho coniato il temine iatrogenic helplessness and denial (IHAD) per designare il principio guida degli interventi biopsichiatrici. (Breggin, 1983b). Esso descrive come gli interventi biopsichiatrici usano tecniche autoritarie, rinforzate da interventi di debilitazione del cervello, per produrre una sempre maggiore impotenza e dipendenza da parte del paziente. L’IHAD include la mutua negazione del paziente e del medico sull’impatto dannoso dei trattamenti, così come la loro mutua negazione dei problemi sottostanti psicologici e situazionali del paziente. Soprattutto, l’IHAD spiega la frequenza con cui è stato possibile alla psichiatria utilizzare tecniche che danneggiano il cervello come, l’elettroshock e la psicochirurgia, così come farmaci tossici. Prima che il potenziale paziente incontri uno psichiatra, lui o lei si è spesso sentito impotente per qualche periodo di tempo. Nella mia formulazione, l’impotenza è il comune denominatore di tutti i fallimenti psichiatrici. L’impotenza è al centro della maggior parte degli approcci auto-degradanti alla vita (Breggin, 1992a, 1997). La gente che si sente senza speranza, impotente tende ad abbandonare l’uso della ragione, dell’amore, e dell’autodeterminazione, per sopraffare la sofferenza emozionale, i conflitti interni e gli stress della vita reale. Essi invece cercano risposte altrove , fuori da loro. Nei tempi moderni questo significa spesso rivolgersi agli "esperti". L’IHAD va molto più in là di una suggestione relativamente benigna (quale può essere utilizzata in medicina e in psichiatria, per esempio, per aiutare a far fronte al dolore fisico o alla dipendenza). Per prima cosa, nell’ IHAD lo psichiatra compromette il cervello del paziente, rafforzando la sottomissione del paziente alla suggestione attraverso una disfunzione fisica e mentale. Secondariamente, nell’ IHAD lo psichiatra rinnega egli stesso gli effetti dannosi del trattamento così come gli ancora presenti problemi psicologici o situazionali del paziente. Spesso la negazione è accompagnata da confabulazione – l’uso da parte del paziente di razionalizzazioni o di varie "storie di copertura" per nascondere l’entità della disfunzione mentale. La confabulazione è ben compresa in psichiatria e neurologia, ma è generalmente ignorata in riguardo agli effetti indotti dai trattamenti. Molti pazienti confabulate sui buoni risultati della terapia farmacologica quando essi sono ovviamente danneggiati da essa. La negazione è strettamente legata all’indifferenza. A volte è difficile dire se il paziente non si preoccupa, o se egli si preoccupa così tanto che non può sopportare di affrontare le sue disfunzioni fisiche e mentali. La negazione è anche legata all’euforia. Dopo la lobotomia o l’elettroshock, e a volte durante il trattamento farmacologico, il paziente può sviluppare un irrealistico sentimento positivo. La negazione è una delle più primitive risposte alle minacce. La persone evita di affrontare i problemi e quindi diviene incapace di risolverli. La negazione come difesa di base tende a causare una vita impotente, inadeguata. Il danno cerebrale e la disfunzione, qualunque sia la causa, inclusi incidenti e malattie fisiche, spesso produce impotenza (helplessness) e rifiuto di affrontare la verità (denial); ma solo nella psichiatria il danno e la disfunzione vengono utilizzati come "trattamento" per produrre tali effetti disabilitanti. CONCLUSIONE Come ho discusso in libri precedenti (1991a, 1994a, 1994b), credo che i concetti di "malattia mentale" e "disordine mentale" siano fuorvianti, e che nessuno dei problemi comunemente trattati dagli psichiatri siano di origine genetica o biologica. I termini "schizofrenia" e "depressione" per esempio, sono basati su concetti la cui validità può essere confutata. Ad ogni modo, i principi della debilitazione delle funzioni cerebrali rimarrebbero validi anche se alcuni dei fenomeni mentali che vengono trattati si rivelasse avere delle basi biologiche o genetiche. Tutti i trattamenti biopsichiatrici attualmente disponibili – farmaci, elettroshock, e psicochirurgia – ottengono il loro effetto terapeutico danneggiando e disabilitando le normali funzioni cerebrali. Note: (1) Psichiatra americano direttore del “centro per lo studio della psichiatria e la psicologia” di Bethesda nel Maryland. (2) Cioè dell’uso di trattamenti fisici per “riabilitare” i “malati di mente”: uso di farmaci di sintesi chimica, elettroshock, psicochirurgia (lobotomia). (3) Le sue funzioni, la sua struttura e la sua complessità sono tali che c’è una elevata reciproca dipendenza fra le varie sue parti e fra le varie funzioni che assolve. (4) Il termine euforia usato in psichiatria indica una esagerata irrazionale o irrealistico senso di benessere. Può avere in origine una causa psicologica ma è comunemente causata da danni al cervello o dalla tossicità dei farmaci. (5) Non hanno cioè uno specifico effetto sui cosiddetti schizofrenici o sui cosiddetti depressi, ma inducono lo stesso tipo di comportamento su qualsiasi persona. (6) L’euforia è inusuale nei pazienti trattati coi neurolettici a causa dei loro effetti soppressivi sul SNC (vedi capitolo 2). È più comune in pazienti trattati con antidepressivi, stimolanti, e tranquillanti minori. (7) Impotenza e insieme negazione della realtà del danno mentale e cerebrale, causati entrambi dalle medicine (iatrogeni).
ulteriori traduzioni in italiano degli scritti di Peter Breggin sono disponibili ai link seguenti
--Peter Breggin - David Cohen: Reazioni di dismissione da farmaci psichiatrici (per dismissione di litio e neurolettici) --Peter Breggin - David Cohen: Reazioni di dismissione da benzodiazepine (tranqillanti minori) --Peter Breggin - David Cohen: Reazioni di dismissione da Antidepressivi SSRI (Prozac, Zoloft, Celexa, Paxil, Luvox) e da Antidepressivi atipici (Effexor Wellbutrin Zyban Serzone Remeron Ludiomill)Alcuni saggi di Peter Breggin si trovano tradotti in italiano sul sito Il nido del cuculo