Loredana Aiello
Qualsiasi argomento, se approfondito in modo adeguato, può essere innalzato ad oggetto di studio degno di nota. Questo è ciò che fa l’autore spagnolo Juan Bas (Bilbao, 1959), nel suo Trattato sui postumi della sbornia – Le ore dell’inutile pentimento, titolo originale Tratado sobre la resaca (2003), edito in Italia da Castelvecchi nel 2004, e inserito all’interno della collana Le Navi nel 2008. Si tratta di un libro estremamente interessante, infatti difficilmente si discute volentieri dei “postumi”, sia per la loro intrinseca natura solitaria e riflessiva (il “leccarsi le ferite” è un’attività che la maggior parte delle persone ama fare in solitudine), sia per il pudore e il rimorso che inevitabilmente si provano. Con rigore analitico, Juan Bas indaga le caratteristiche fondamentali e i tratti distintivi dei postumi della sbornia, pur tenendo ben presente che di quest’ultimi esistono tante varianti (un numero più o meno corrispondente a quello dei bevitori sulla faccia della terra): «il doposbronza non è una scienza esatta». Dall’analisi si escludono gli alcolizzati professionisti, per i quali di postumi veri e propri non si può parlare poiché il loro tasso alcolico è costantemente tenuto oltre il limite consentito, e semmai soffrono di effetti collaterali permanenti dovuti all’abituale abuso, quali attacchi epilettici, tremori, allucinazioni entomologiche degne di Kafka, in attesa di una cirrosi che li stronchi definitivamente. Per ovvie e opposte motivazioni sono esclusi anche gli astemi, di cui l’autore non vorrebbe nemmeno proferir parola: gente di cui è meglio diffidare perché troppo composti, morigerati, privi di curiosità, in definitiva «impermeabili al senso dell’umorismo e più noiosi della filmografia di Tarkovskij». I postumi presi in considerazione – ed esaminati secondo un procedimento rigoroso – riguardano un determinato tipo di individuo che l’autore definisce così: «Il bevitore è un avventuriero mentale e fisico, una persona con un senso epico e riflessivo della vita che alterna l’edonismo e lo stoicismo con la saggezza».
Innanzitutto Bas passa in rassegna, nel capitolo intitolato Terminologia comparata, la parola designata in molti paesi del mondo per definire questo strano stato mentale e fisico che è appunto il doposbronza; come giustamente viene sottolineato dalla curatrice del volume, Chiara Artenio (che è anche la disciplinata traduttrice), in italiano non esiste un termine specifico per esplicitare il fenomeno: si ha più un richiamo al “concetto-di-dopo”, basti pensare a “postumi”, “doposbronza” (quest’ultimo non sarebbe neanche troppo corretto). Per supplire a questa “orfanità linguistica” – sia chiaro: solo e soltanto linguistica – Artenio propone la traduzione dallo spagnolo resaca, ovvero risacca, che in italiano viene usato per indicare il moto di ritorno dell’onda, e che, trattandosi di «effetti di ritorno da assunzione di liquidi», non sembra del tutto peregrino, anzi. Dopo aver fornito segni precisi o presunti di risacca in eventi storici e nell’antichità, Juan Bas si prodiga nella ricerca di “risaccosi” nel campo artistico: architettura, musica, danza, scultura e pittura. Più prolifici i settori letteratura, cinema e fumetto: pare, infatti, che esista uno strano rapporto alchemico tra letterati e cineasti e alcool, una sorta di resistenza all’ubriachezza che l’autore non esita a definire Maledizione: “bevitori cazzuti” nei quali «ogni nuovo sorso apporta un grado maggiore di lucidità».
Più di un terzo del Trattato è dedicato all’enumerazione sistematica delle possibili variabili dei postumi. Non una descrizione scientifica delle sintomatologie come la si potrebbe trovare su un volume dedicato all’alcologia (Torpore, “stupore alcolico”: apatia, ipotonia pre-paralitica. Notevole iporeflessia. Notevole incoordinazione motoria. Nistagmo. Vomito. Compromissione della coscienza, torpore o sonno), ma una classificazione dal taglio preminentemente “umanistico”; Bas si dimostra un acuto osservatore, attento alle sfumature psicologiche ed emotive del risaccoso. Nel capitolo Classi e sottoclassi si trovano ben trentun tipi di postumi: Postumi devastanti, Postumi ira teneatis, Postumi ingordi, Postumi poltergeist, Postumi libidinosi, Postumi burloni, Postumi maldestri e via dicendo. A suffragio delle spiegazioni dei sintomi, l’autore infarcisce la narrazione di aneddoti personali (la sua sincerità è disarmante), aneddoti di amici (ai quali affibbia al posto del nome un colore, in stile Le Iene di Tarantino), o spunti presi da una foltissima filmografia e letteratura. Questo Trattato sui postumi della sbornia è un libro dotato di una vis comica sconcertante, una lettura tra il serio e il faceto che è meglio svolgere in totale solitudine perché causa di risate al limite dell’isteria. Juan Bas, brillo e brillante scrittore, merita un posto in ogni libreria: leggere per credere!
In copertina: Nighthawks (1942) di Edward Hopper