Magazine Diario personale

Traumatici rientri e altre storie d’amore

Creato il 30 ottobre 2013 da Annagiulia @annagiuliabi

Nella vita ci sono poche certezze, e anche quelle poche non è che siano sempre così solide.

Per fortuna.

Per esempio, io sono convinta che anche se il volere dell’universo mi porterà a vivere – che so, su un’isola del pacifico dove raccoglierò noci di cocco e mi ustionerò il viso, mannaggia ai geni recessivi del rutilismo, ad ogni ritorno nella mia città di origine io verrò qui, dove sono ora.

Nella gloriosa Biblioteca Civica Centrale, a guardare dalle finestre l’edificio in cui ho passato cinque anni  e da cui ad un certo punto mi hanno sbattuta fuori con un diploma di restauratrice che il Signore solo lo sa se mi è mai servito a qualcosa.

A scegliere l’università sbagliata, questo sì.

Ad ogni modo, pur ammettendo la notevole presenza di masochismo insita nel recarsi ogni mattina a piedi da casa mia alla biblioteca (30 minuti abbondanti a respirare le delicate fragranze plumbee di corso Francia), arrivare e bere un caffè della macchinetta che per farmi ancora più male prendo senza zucchero, sedermi in fondo per smanettare sul pc senza che qualcuno possa sbirciare le pagine imbarazzanti che apro ed infine mettermi a leggere online il romanzo su cui ho scritto la tesi, c’è qualche forza a me sconosciuta che ogni mattina mi fa credere che venire qui non sia poi un’idea tanto cattiva.

Allora Forza a Me Sconosciuta, parliamone.

Mi sono svegliata alle 5:30 senza alcun motivo, ho cercato di riaddormentarmi in compagnia di Anna Karenina ma nulla, ho ciondolato per casa bevendo tè amaro finché sono stata abbastanza certa che se fossi entrata nella vasca da bagno non mi sarei addormentata e non sarei quindi affogata,

per quale insano motivo continui a farmi credere che i miei dubbi esistenziali, il latente senso di colpa per il troppo fancazzismo, la stanchezza, avrebbero trovato pace tra queste mura?

Cosa devo espiare, quale peccato originale mi porto dietro?

Per fortuna ci sono gli amici d’infanzia, sempre pronti a raccogliermi con il cucchiaino ogni volta che rientro in città sconvolta e assonnata; mentre uno di loro mi invia sul cellulare cori da stadio reinterpretati e poco lusinghieri, l’altra si prepara (spero) a spegnermi delle sigarette addosso per evitare che io mi addormenti durante i pasti:

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E così mentre attendo con ansia l’ora del pasto, seguo il consiglio di Alex Britti e mi uccido di caffeina.

 

Post Scriptum: nel caso non lo aveste fatto, gentili signori io consiglio vivamente di leggere il romanzo di cui sopra; sebbene io ci abbia messo circa sei mesi a riprenderlo in mano dopo averlo letto, riletto, scomposto e analizzato, Eureka Street va letto. Come si può non leggere un libro che inizia così:

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