Sto leggendo una bella raccolta di saggi sulla letteratura, la raccolta è di Daniela Marcheschi, il libro si intitola Il sogno della letteratura – Luoghi, maestri, tradizioni, è edito da Gaffi. Ieri, mentre lo leggevo, ho estrapolato una frase: “Alcuni scrittori di oggi sembrano non credere più nella letteratura”. È una di quelle frasi che quando le incontri nei libri rimani lì a pensarci per un po’, perché è una frase che contiene una verità lapalissiana. Allora ho riflettuto su questa cosa e mi sono chiesto: ma se uno scrittore non crede nella letteratura, perché si ostina a fare lo scrittore? Ho sempre pensato che uno scrittore, quando scrive, deve porsi l’obiettivo di cambiare il mondo, di incidere cioè, anche in misura infinitesimale, sulla realtà. Per quanto possa sembrare un obiettivo azzardato, senza questa pretesa, senza questa fiducia nelle potenzialità della letteratura, uno scrittore non può fare lo scrittore. E se uno scrittore non crede nella letteratura, allora è meglio che faccia un’altra cosa.
Ieri sera sono andato alla presentazione di un libro, ho aspettato un po’ ma la presentazione non c’è stata, mi hanno spiegato che non era venuto nessuno a eccezione di me e di un’altra persona, per scusarsi la direttrice editoriale della casa editrice ha offerto a me e all’altra persona due biglietti per un concerto jazz, così sono venuto per assistere alla presentazione di un libro e mi sono ritrovato con due biglietti per un concerto jazz, è finita che sono andato a bere una birra.