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Tre anime disperate su un tram che viaggia verso la citta’

Creato il 15 dicembre 2013 da Wally26

Ieri notte ho fatto un sogno apocalittico: ve lo racconto

Panorama desolato, cielo e palazzi grigi, nebbia. No, non si tratta della provincia milanese, ma piuttosto di un ambiente post apocalittico alla Philip Dick.

Scena interno casa

Un’appartamento, una volta bene arredato e abitato da persone benestanti, ridotto male. La manutenzione non si fa da anni, e’ dignitoso ma decadente.

Una famiglia – quel che ne resta

Io, la tutrice, gioco con un bambino. Ci divertiamo, leggiamo un libro mentre la tv e’ accesa; nessuno guarda la tv, ma e’ rassicurante quel vociare sommesso in sottofondo. In casa, anche la nonna del bambino, una signora sulla sessantina dallo sguardo profondo, dolce e dignitoso e il padre del bambino.

Suona il campanello, foriero di sorprese inaspettate ed evento raro in quei tempi. Entra in casa una bellissima ragazza amica della nonna, sua ex alunna. Il bambino e il padre rimangono colpiti dalla sua aura di pace, semplicita’ e serenita’.  Breve dialogo fra i tre. Il padre sembra conoscerla ma non approfonditamente. Si sente attratto da lei. E’ felice che suo figlio si senta tranquillo con lei e che voglia giocare con lei.

Accade qual’cosa, la famiglia si sposta in un altro ambiente

Adesso la famiglia si trova al piano terra dell’edificio, che e’ una grande sala di tipo medievale con torce sui muri e qualche drappo malconcio. Vi si trovano altre persone, non molte, tutti inquilini del palazzo. Ho la sensazione che quell’incontro sia stato indetto per festeggiare qualcosa; potrebbe essere capodanno, un evento lieto che non si tralascia di festeggiare non ostante la desolazione incombente.

Il bambino e la ragazza giocano e parlano. Si sentono voci e musica.

Il terrorista

Un terrorista si accovaccia davanti al portone a ogiva dell’ingresso e traffica per fare qualche cosa guardandosi le spalle per essere sicuro che nessuno lo osservi.

Il bambino e la ragazza lo notano e gli si avvicinano incuriositi chiedendogli gentilmente se ci fossero problemi. Non sospettavano minimamente che l’uomo avesse intenzioni nefaste; queste anime semplici erano certe che il male non sarebbe potuto entrare in casa loro, in quell’ambiente protetto che li isolava dalla decadenza di fuori. Meglio ancora, loro non conoscevano affatto quel male, erano anime semplici.

Lui si gira di scatto e gli lancia uno sguardo furtivo, risentito e minaccioso. Non risponde e continua a lavorare mormorando a mezza bocca qualche parola incomprensibile. Finito di piazzare la bomba si allontana in fretta.

Questione di pochi secondi ed esplode la bomba. Scena ripresa dall’alto.

Una telecamera posta su una delle volte della sala, riprende dall’alto i corpi della ragazza e del bambino stesi a terra senza vita. Il panico esplode in sala, c’e’ il fuggi fuggi generale.

Sala operatoria di un ospedale

Diversi medici si affannano attorno ai corpi della ragazza e del bambino per tentare di salvarli. Respiratore, tubi, scosse elettriche. Niente da fare.

Sul tram elettrico

Mi trovo su un tram elettrico. Seduto nella fila alla mia destra in direzione opposta al senso di marcia, in modo che possiamo guardarci in faccia, il padre del bambino. Sguardo un po’ perso nel vuoto,  sorriso amaro appena accennato, la consapevolezza senza speranza di chi ha assaporato brevemente la scintilla dell’amore e l’ha persa, la consapevolezza di essere condannato alla solitudine senza via d’uscita di chi vede le persone amate morire una dietro l’altra in una danza mortale sempre piu’ veloce. Non c’e’ speranza per questo mondo. Lui lo sa, lo accetta, non piange piu’.

Io, la tutrice, ho fra le mani un libro con disegni e frasi del bambino, lo guardo e piango continuamente, sommessamente; non si fermano le lacrime, sono disperata, un senso di impotenza mi tormenta. La testa ciondola a destra e a sinistra, mi copro il viso con una mano, poi guardo il libro. Le lacrime non cessano di scendere. E’ una pena vedermi in quello stato, uno strazio. Nessuno mi offre un gesto di compassione, e io non lo aspetto, perche’ so che le altre anime silenziose su quel tram hanno gia’ vissuto la stessa disperazione e quindi non c’e’ niente da dire, perche’ sono esaurite le parole di speranza da elargire: andiamo tutti verso lo stesso destino. Cosa piangevo? Due giovani vite spezzate, un filo di amore troncato che non si potra’ collegare con altri fili per creare un bel gomitolo, un amore che non potra’ nascere e portare altra vita, altra speranza e unione in questo mondo che sta morendo.

Davanti a me, una signora magra e bionda, in spolverino beige mi lancia furtive occhiate con sguardo triste. Sembra volermi dire qualc’cosa, sembra al contempo smarrita come non sapesse bene dove andare e perche’.  Mi guarda imbarazzata pensando che non l’avrei ascoltata, poi prende coraggio e accenna amaramente :

vado in centro, sa, la rivoluzione, Beaudlaire…”

dice ponendo l’accento su Beaudelaire a voler al contempo esaltare e mettere in berlina la sua poetica intenzione rivoluzionaria. Ma nella violenza, non c’e’ alcuna tensione poetica.

Poi guarda in basso, nei suoi occhi un senso di colpa misto a imbarazzo per avere creduto a una chimera che ha distrutto il mondo riducendo gli esseri umani a schegge di vetro sparse a terra, frammenti di specchi che riflettono il vuoto circostante, schegge strappate a forza dal senso delle cose che non rimandano piu’ l’immagine armoniosa e unitaria dei legami che li univano ai loro cari, alla loro citta’, alla loro cultura

Intuisce che piangiamo qualcuno, prende coraggio e mi dice di avere perso tutti, famigliari e amici. Poi scoppia a piangere e imbarazzata fa per andarsene. Io le prendo la mano e la fermo, ci guardiamo con infinita compassione e disperazione, annuisco per dirle che so cosa prova; siamo tutti nella stessa barca. Il padre del bambino mi lancia uno sguardo di infinita tenerezza, che poi rivolge anche alla donna. Non profferisce parola, non parla piu’ da tempo. Non c’e’ piu’ niente da dire o da fare; siamo tutti frecce lanciate nostro malgrado verso lo stesso obettivo.

Tre anime disperate, perse su un tram che viaggia verso la citta’.


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