Oggi le lettrici sono ben tre, tutte vicine: due sono in piedi, una seduta. Non si conoscono, eppure il sottile brivido della lettura in bilico sembra legarle da sempre. Una volta entrate nel vagone si guardano, si annusano (metaforicamente, non sia mai), si riconoscono come appartenenti allo stesso branco. Si fanno allora spazio tra di loro, scusandosi se il gomito dell’una, a causa di una frenata brusca del conducente, sfiora inavvertitamente il bordo della pagina del libro che l’altra sta leggendo. Tra la massa di pendolari chini sugli smartphone e sui free press della mattina, quella che ho davanti è una piccola biblioteca viaggiante. È un club educato ed esclusivo rispettoso di spazi e silenzi, un cenacolo letterario da mezzo pubblico che – suo malgrado – a Termini si scioglie.
Sarebbe uno splendido esempio di The Readers Club, se solo riuscissi a leggere il titolo delle tre copertine. Ma malgrado i miei sforzi titanici con avvitamenti carpiati da Circo Togni, mi si palesano davanti solo le lettere stampate sul libro che ha in mano la prima di loro: Tre atti e due tempi, Giorgio Faletti. Per oggi me lo farò bastare.
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