Magazine Diario personale

Tre cose per cui non sono portata

Da Martatraverso
Tre cose per cui non sono portata(1) I matrimoni. Sabato ero invitata a un matrimonio (sì, lo giuro, un matrimonio a dicembre!). Ho pensato a come avrei potuto sentirmi nei panni della sposa e mi sono sentita male :-) Quei mesi di preparativi, dover per forza scegliere invitati, vestito, scarpe, bomboniere, pettinatura, pranzo, rinfresco, torta, antipasto, partecipazioni, data, ristorante. Quel dover passare una giornata con indosso scarpe scomodissime, a girare fra i tavoli, stringere mani, dare baci e sorridere a tutti. Quando di almeno 2/3 degli invitati non ti importa niente, sono solo consanguinei (o consanguinei di consanguinei) che tua madre o chi per essa ti ha costretta a invitare.
(2) Le rimpatriate famigliari. Essere consanguinei non vuol dire pensarla allo stesso modo. Non vedere una persona per mesi e poi dover preparare la risposta ai vari Allora, come va il lavoro? sapendo che in fondo non importa a (quasi) nessuno di loro, troppo presi dall'occultarsi a vicenda i miei due anni lontana dal Sacro Mondo Accademico. Parlare del mio (spero) futuro lavorativo e sentirmi dire per l'ennesima volta che farmi sfruttare all'Ansa sarebbe più utile per la mia formazione, piuttosto che (cito testualmente) sprecare il mio tempo.
(3) La vita universitaria. Non sono il tipo da seguire a ruota tutte le lezioni, arrivare a casa la sera e mettersi a studiare, supplicare questo o quel prof per un preappello e così via. Anzi, trovo che chi vive l'università come una prosecuzione del liceo abbia ben poco da fare nella sua vita. Questo semestre ho seguito un solo corso sui due che avevo inserito nel piano di studi, e ogni volta che il lavoro mi ha chiamata a sé ho saltato lezione. Anche lunedì la salterò, come l'ho saltata venerdì. Quello che sono chiamata a fare è molto, troppo più importante.
Giornate come quella di sabato mi ricordano dove sono arrivata, quanta fatica ho fatto per arrivarci. Mi fanno pensare che non tutti possono capirlo o accettarlo, e che devo farmene una ragione. E' un problema loro, non mio.

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