Image via Wikipedia
Ritorna un vero e proprio classico del viaggio, La polvere del mondo, fresco di ristampa, mentre Robert McFarlane ci condurrà alla scoperta di luoghi in cui è il silenzio a dominare, viaggiando con la sola forza delle proprie gambe:
Nicolas Bouvier, La polvere del mondo, Diabasis
“La polvere del mondo” racconta il primo viaggio condotto da Bouvier in Oriente nel 1953; ma anche l’avventura infaticabile di uno sguardo che si svela alla polvere del mondo e si rende partecipe delle culture dell’”altro”. Partito da Ginevra su una Fiat “Topolino”, raggiunge a Belgrado il suo amico pittore Thierry Vernet, in compagnia del quale continuerà per un buon tratto il viaggio fino a Samarcanda. Il libro ha conosciuto in Francia un successo continuo, non per il suo fascino esotico, ma per il modo inimitabile in cui si fondono humor e angoscia, l’innocenza dello sguardo e il sapore della conoscenza, la visione cosmica e il “rapimento” di certi piccoli dettagli celati nella singolarità degli esseri e delle cose più ovvie e quotidiane.
RobertMc FarlaneLuoghi selvaggi
In viaggio a piedi tra isole, vette, brughiere e foreste, Einaudi
Traduzione di Duccio Sacchi
Esistono ancora dei luoghi selvaggi, luoghi splendidi e feroci dove la mente sogna e la paura si riposa? Lontane distese naturali, o inesplorati territori di confine, che sopravvivono incuranti della presenza umana?
Con zaino, tenda e sacco a pelo, Robert Macfarlane si avventura in prima persona – viaggiando da solo o con amici fidati – per tracciare un inedito itinerario lungo misteriose terre di pietra, di legno e di acqua.
un terzo libro di viaggi, da parte di un autore “classico”, alla scoperta dell’Oriente:
John Dos Passos, Orient Express, Donzelli
Con il passare dei giorni, le colline si fanno sempre più aride e spoglie, il treno avanza sempre più lentamente, i capistazione hanno baffi sempre più lunghi e l’uniforme sempre più trasandata, e poi ci ritroviamo a serpeggiare tra un mare verde brillante e promontori gialli riarsi dal sole. D’un tratto il treno è intrappolato in mezzo a mura fatiscenti color senape, e le rotaie si infilano tra cipressi e cumuli di immondizia. Il treno non si muove quasi più, ma poi si arresta impercettibilmente come a un binario morto. Ci siamo? No, sì, deve essere… Costantinopoli».
«Perché ho tutta questa voglia di trascinarmi per l’Oriente? Cosa me ne importa di questi frammenti avvizziti dei vecchi ordini, di queste religioni defunte, di queste rovine che pullulano delle larve della storia?». Accompagnato da incessanti interrogativi, John Dos Passos ci racconta il suo viaggio nei Balcani, in Turchia, nel Caucaso e in Medio Oriente. Consapevole della propria irriducibile estraneità a quei luoghi e a quella gente, lo scrittore americano si sente tuttavia incredibilmente attratto dai ritmi e dalle regole di una vita che pare procedere con esasperante lentezza, con un andamento sempre uguale da secoli, ma che all’improvviso si infiamma. È il 1921, in un’epoca di tremendi rivolgimenti politico-sociali, di conflitti militari, anni in cui cambia profondamente l’assetto delle regioni che Dos Passos attraversa. E guardando a questi eventi scrive pagine acute e provocatorie, come quelle sugli strascichi della guerra greco-turca o sulla creazione dell’Iraq a opera degli inglesi. Sul crinale fra realtà e sogno, in un viaggio in bilico fra memoria e immaginazione, il lettore si ritrova proiettato in spazi e scenari naturali e umani di struggente bellezza: «i vecchi con le barbe cremisi, i turbanti enormi, bianchi, blu, neri, verdi, appollaiati su zucche pelate, gli asini bianchi, le cupole a uovo di pettirosso, i campi di papaveri bianchi da oppio». Da questo flusso di vita che avanza placido e stanco, ma è capace di repentine accelerazioni, Dos Passos cattura fotogrammi di grande forza evocativa, e il puro reportage raggiunge le vette della lirica.