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Tre poesie di Franco Buffoni

Da Uiallalla
Proponiamo tre poesie di Franco Buffoni contenute nella raccolta “Poesie 1975-2012″ che sarà presentata giovedì 13 dicembre alle 18.30 al Chiaja Hotel de Charme (in via Chiaia 216 a Napoli ) nell’ambito della rassegna Poetè.

la copertina del libroGay Pride [da “Roma”, 2009]

“E il caffè dove lo prendiamo?”
Chiede quella più debole, più anziana
Stanca di camminare. Alla casa del cinema,
Là dietro piazza di Siena.
Non si erano accorte della mia presenza
Nel giardinetto del museo Canonica,
Si erano scambiate un’effusione
Un abbraccio stretto, un bacio sulle labbra.
Parlavano in francese, una da italiana
“Mon amour” le diceva, che felicità
Di nuovo insieme qui.
Come mi videro si ricomposero
Distanziando sulla panchina i corpi.
Le scarpe da ginnastica,
Le caviglie gonfie dell’anziana.
Quella sera, come smollò il caldo,
Passeggiai fino a Campo de’ Fiori,
Pizzeria all’angolo, due al tavolo seduti di fronte,
Giovani puliti timidi e raggianti
Dritti sulle sedie col menù sfogliavano
E si scambiavano opinioni
Discretamente.
Lessi una dignità in quel gesto educato
Al cameriere, una felicità
Di esserci
Intensa, stabilita. Decisi li avrei pensati sempre
Così dritti sulle sedie col menù.

———–

Quattro date [da “Noi e loro”, 2008]

Quattro date sono stato costretto a ripassare
Nell’aprile del 2005
Quattro date del mio calendario. Nel ’58
Avevo dieci anni e il televisore
Era entrato da poco in casa mia.
A dottrina mi avevano insegnato che la gravissima responsabilità
Avrebbe fatto tremare il designato: “Chissà come ha rifiutato…”, sussurrai.
La nonna Gina, che non ci credeva, al contrario dell’altra – la Pina,
Bigotta rosminiana - era vicino a me ad ascoltar l’Habemus.
In quella congrega di cattolici colsi il suo sussurro
Laico “Al gà par minga ver al panzun, sta’ sigür”,
Che sconvolse non poco le mie convinzioni vaticane.
Cinque anni dopo, a nonne morte, abitavamo di fronte a san Rocco,
L’ultima tappa di Montini in pastorale
Prima della partenza per la capitale.
Nel ’63 ero alto e bello, turbato nella carne e nel pensiero.
Mi trovai lì a passare proprio mentre un piccolo gruppo di inchinati
Attendeva di baciare l’anello. Non capii al momento,
Vidi la mano che si allungava, la strinsi
E mi trovai l’anello contro il naso. Poi la mano mi carezzò la guancia,
E l’indice sul lobo dell’orecchio nettamente percepii.
Io credo ancora di aver capito tutto nell’istante
In cui incrociai lo sguardo.
Nel ’78 ero un allenato agli uomini ed al mondo
Giovane ricercatore. Furono due le date,
La prima rassicurante. Voce da checca estatica, pensai.
Alla seconda restai perplesso. Dopo la costruzione
Della piscina a CastelGandolfo e le foto di Karol al picnic
Scrissi due settenari:
“Ora che abbiamo un papa
Eterosessuale”,
Seguiti dalla annotazione (studiavo Adorno):
Rigidità fisica sostitutiva di rigidà fallica
Intervallata da icona tomistica,
Il bue muto.
Ma certo non pensavo che l’omofobia
Sarebbe stato il marchio del suo pontificato.
Dell’ultima elezione preferisco non dire,
Il ghigno è da incubo notturno. E “se penso
Alla Germania di sera, io
Non riesco a dormire”.

————

Il bene oscuro [da “Jucci”, inedito]

Come te, aquila equilibrata, che centellini millimetrato
Il profilo del Rosa nel bianco dell’alba,
Come te quando in picchiata precipiti e sfracelli.
Midolli spinali tranciati da cavi di funivia,
Fruste attorcigliate sibilanti boa.
Una parola ogni tanto ripetevi
Perché il sentiero se la ricordasse.
Ruzzolò dapprima due scalini
Della discesa a Goglio
Il cane da caccia morsicato
Sul muso dalla vipera,
Gonfiandosi in un soffio a dismisura
Fino alla pietosa fucilata
Il bene oscuro.

Per gentile concessione dell’autore.


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