Anche in Italia ci si appresta a farlo visto che la situazione invece di migliorare peggiora di giorno in giorno. Certo il governo non lo annuncia ufficialmente, preferisce che dapprima la prospettiva si diffonda come voce, diventi parte del panorama dei timori e dei relativi sacrifici, che insomma ci si abitui in qualche modo a confrontarsi con questa prospettiva prima di annunciare l’inevitabile: la decurtazione o l’eliminazione della tredicesima. Non è un caso che le prime indiscrezioni siano venute oggi, di fronte al plateale fallimento delle manovre messe in atto in questi mesi. Stranamente a conferma della loro consistenza, escono fuori da una parte che non ci si aspetta, ovvero la Confesercenti: “Troppe voci, troppo insistenti, parlano in questi giorni di un’ipotesi allo studio per fare cassa: il congelamento delle tredicesime dei dipendenti pubblici e di buona parte dei pensionati”.
E’ ovvio che i commercianti siano allarmati: senza la mensilità aggiuntiva (composta comunque di un risparmio forzoso sulle altre 12, mica una regalia) mancherebbero all’appello 8 miliardi, come minimo, che tradizionalmente finiscono nel giro dei consumi. Ed è ancora più chiaro che siano sul chi vive i sindacati i quali si sono affrettati ad unirsi al carro delle preoccupazioni. Probabilmente si è preferito uscire allo scoperto prima che si siano prese delle decisioni definitive, per cominciare a costituire un fronte di resistenza e magari far notare che l’operazione costituirebbe un nuovo colpo al Pil e a quella “economia reale” che tardivamente viene invocata. Anzi non è escluso che la strana voglia di elezioni anticipate che si affaccia adesso nel centro sinistra dopo otto mesi in cui solo parlare di urne era come macchiarsi di alto tradimento, non sia estranea al ribollire nella pentola del massacro di provvedimenti che vanno a colpire direttamente l’elettorato piddino e che è molto meglio tirare fuori dopo una tornata elettorale.
Di fatto finora non ci sono state risposte credibili all’allarme: il governo sostanzialmente tace, affidando caute smentite a un personaggio inesistente come il terremotato Patroni Griffi, è anche questo è significativo. Del resto se l’anno scorso le tredicesime si sono salvate è stato dovuto forse al fatto che l’esecutivo tecnico si è insediato il 16 novembre, troppo tardi per fermare le tredicesime e troppo brutto come biglietto di presentazione. Ma l’indicazione era chiarissima nella celebre lettera della Bce giunta da Francoforte il 4 agosto e rimane di fatto vincolante: ”Inoltre, il Governo dovrebbe valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover e, se necessario, riducendo gli stipendi.”
Se qualcuno pensa che si tratti di parole a cui prestare una relativa attenzione, cui dare il significato di suggerimenti di massima, può tranquillamente leggere l’intera lettera (sono appena due paginette) per rendersi conto di come le “indicazioni” siano ordini, mandati poi in fotocopia a tutti gli altri piigs. Di fatto essi sono stati pedissequamente seguiti dal governo, persino nella scaletta temporale. La missiva integrale è qui: Lettera Francoforte e non lascia dubbi sul fatto che si stia concretamente pensando a un taglio netto delle retribuzioni. Del resto l’approvazione del fiscal compact avvenuta pochi giorni fa in Parlamento quasi in segreto e col silenzio complice dei media, ci obbliga a tali esborsi annuali per la restituzione del debito da rendere una misura di questo tipo più che probabile, anzi quasi inevitabile a meno di un aumento dell’Iva di più di due punti.
Il testo della famosa missiva la potete leggere adesso o magari rimandare la lettura al periodo natalizio, quando almeno alle fatiche dello shopping si potrà sostituire qualche più istruttiva attività.