Centocinquanta poliziotti per riuscire a intercettare i protagonisti di una serie di rapine, particolarmente violente, che hanno interessato le città venete ma non solo.
L’inchiesta è partita da una rapina alla gioielleria “Pendini” a Jesolo ( Ve) nell’agosto del 2010. Un uomo entrò fingendosi un cliente e dopo aver massacrato il titolare fece entrare il complice e svaligiarono l’esercizio di Rolex ed altri orologi di marca, nonché dei gioielli per un valore di 450.000 euro.
I rapinatori scapparono su due moto di grossa cilindrata, particolare che insieme alle modalità estremamente violente, portarono gli inquirenti a individuare due giovani giostrai. I quali, si appoggiavano a una nota famiglia di rapinatori nomadi del veneziano.
Da lì è partita l’indagine che ha scoperto una vera organizzazione a delinquere radicata nel Nord Italia, con basisti, sempre giostrai, che organizzavano la logistica delle varie rapine. I giostrai veneti sono di origine sinta e sono balzati alla cronaca da molti anni ormai.
Le loro rapine a mano armata a ville , banche , portavalori sono una caratteristica ben precisa che li ha contraddistinti nel tempo.
Anche la Mala del Brenta li usava spesso per i loro “lavoretti” nelle aziende orafe o per assalti violenti. Si narra che Felice Maniero, lui stesso truffato, in una di queste rapine andò in un campo nomade e prese a sberle il capo dell’accampamento per farsi ridare la parte del bottino mancante.
Nell’operazione di oggi si è scoperto anche il ruolo fondamentale delle donne, vere e proprie “pizzini umani”. Era questo il loro modo di comunicare senza telefono o pezzi di carta.
Sempre loro si occupavano poi di distribuire in conti correnti e conti correnti postali i proventi delle rapine che ammonterebbero a un milione di euro, solo dall’Agosto 2010.
I capi di imputazione sono: associazione per delinquere, rapina aggravata, furto, ricettazione, porto abusivo d’arma. I giostrai sono tutti “dimoranti” nelle province di Venezia, Padova, Verona , Vicenza e in Toscana.