Troppo preoccupata di spread, debiti, liberalizzazioni e articoli 18, l'azione del governo Monti ha del tutto messo in un cassetto (per fortuna, verrebbe da dire) molte delle battaglie sui temi “eticamente sensibili” (ma quale questione politica non lo è?) che tanto stavano a cuore ad alcuni esponenti del vecchio esecutivo. Ma, poiché il governo è cambiato ma il parlamento, ahinoi!, è sempre lo stesso, ecco che l'armata 'pro-life' – e rigorosamente bipartisan – torna alla carica. E lo fa con una mozione presentata alla Camera lo scorso venerdì sull'obiezione di coscienza in tema di aborto.
Un documento bizzarro, dotato della stessa coerenza logica di un quadro astratto, che fa affermazioni contraddittorie per poi arrivare al punto che interessa ai nostri combattenti per la vita: “Il diritto alla obiezione di coscienza non può essere in nessun modo 'bilanciato' con altri inesistenti diritti”. Il corsivo è mio. Il diritto che per Binetti, Roccella, Volontè, Fioroni e compagnia bella sarebbe inesistente è ovviamente principalmente quello della donna di abortire.
L'attacco alla 194 non poteva essere più esplicito, né più rozzo. La legge che regolamenta l'aborto – e l'obiezione di coscienza – non è citata esplicitamente nella mozione, ma, giacché l'unico diritto con cui si pretende di bilanciare quello all'obiezione di coscienza è proprio quello della donna di abortire, non si può negare – a meno di diventare rossi per la vergogna – che nel mirino ci sia proprio la 194.
Sull'obiezione di coscienza abbiamo già scritto, ma val la pena ripetersi: quella che poteva essere una norma transitoria ragionevole nel momento in cui la 194 è entrata in vigore – giacché legalizzava un atto medico fino al giorno prima qualificato addirittura come reato – è del tutto priva di qualunque giustificazione a oltre 30 anni di distanza. Ciascuno di noi sceglie la professione che intende svolgere anche facendo i conti con la propria coscienza ed evitando, di conseguenza, quelle che ci metterebbero di fronte a mansioni non conciliabili con i nostri convincimenti etici. Cosa si direbbe del medico Testimone di Geova che si rifiutasse di praticare una trasfusione di sangue, vietata dalla sua fede? E non ci si venga a dire che l'esempio non è congruo, giacché, se quella che va tutelata è la coscienza di ciascuno, non si può poi pretendere di fare una classifica delle coscienze più meritevoli.
I paradossi a cui il fondamentalismo conduce sono evidenti, e pericolosissimi. Se poi al fondamentalismo si unisce la malafede, i danni sono incalcolabili. Cosa può esserci, infatti, se non malafede dietro la frase finale della mozione con la quale “si impegna il Governo a dare piena attuazione al diritto all'obiezione di coscienza in campo medico e paramedico e a garantire la sua completa fruizione senza alcuna discriminazione o penalizzazione”?. Il corsivo è di nuovo mio. Hanno letto gli estensori di questo documento le cifre che il ministero della Salute – non noi femministe incallite – fornisce ogni anno sull'obiezione di coscienza? Un tasso di obiezione di coscienza tra i ginecologi del 71,5 per cento (con punte dell'85) rivela forse una scarsa attuazione del diritto all'obiezione di coscienza? A meno che l'intenzione dei firmatari sia quella di estendere l'obiezione di coscienza anche al di là del perimetro della 194, per esempio ai farmacisti per la vendita della pillola del giorno dopo. A pensar male si fa peccato, ma...
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