Tremonti: “Silvio, il pvoblema sei tu”. Bossi vuole un milanese a Bankitalia con il bavaglio o senza

Creato il 06 ottobre 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Palazzo Grazioli, salone di rappresentanza. Interno notte. Una luce fioca illumina la scena. Seduti di fronte, sulle poltrone, Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti. Gianni Letta alla consolle. Parte la colonna sonora. Mariano Apicella canta “I’ te vurria vasà”. Un’ora prima Moody’s aveva declassato l’Italia in A2 e Silvio è furioso. Domanda a Tremonti: “Ma che cazzo hai detto a Lussemburgo?”. Risponde Giulio: “Ho espvesso un mio paveve sulla Spagna, stavo pavlando della Spagna e di Zapatevo e i tuoi pasdavan mi hanno attaccato alla giugulave”. “Giugulare o non giugulare – ribatte Silvio – ora dimmi cosa possiamo fare per sottrarci agli attacchi vergognosi della speculazione internazionale”. La colonna sonora sfuma. Gianni Letta dal banco di regia abbassa ancor di più le luci. Nel salone si fa silenzio. Tremonti guarda Silvio fisso negli occhi e, d’un fiato, gli dice: “Silvio ma non lo hai capito? Il pvoblema sei tu”. Gianni Letta impallidisce, il gatto Renato si infila sotto il tavolo, il cane Sandrino fugge e il topo Maurizio smette di rosicchiare la scarpa di Silvio. Un parlamentare del Pdl, nascosto nel portavivande, racconta di una scena al limite del surreale. Giulio Tremonti guarda Silvio con un ghigno diabolico proprio mentre al presidente del consiglio, dal lato destro della bocca, scende un rivolo di bava ectoplasmatica. Ha gli occhi fuori dalle orbite e un tremolio alle mani che impensierisce non poco Gianni Letta. Il premier si alza di scatto, si asciuga la bocca e rivolto a Tremonti gli dice: “Io Grilli governatore di Bankitalia non lo nominerò mai”. E urlando, squarcia l’aria con un: “Nicole dove sei. Ho mal di testa, vestiti da suora”. Non è un film, è il racconto dell’ultimo atto della lotta intestina fra il presidente del consiglio e il suo superministro dell’Economia e dei Tagli. Pur essendo alquanto romanzata, questa scena si porta appresso due verità. La prima è che Tremonti ormai reputa non più differibile un cambio di timoniere. Dovunque vada si sente ripetere sempre la stessa domanda: “Che fa quel porcone di Silvio?”, seguita da risate irrefrenabili, e non “Che farete per far ripartire l’Italia?” Giulio è stanco di essere preso per il culo da una comunità internazionale che considera Silvio solo come una comparsa da far apparire in una scena di Low and OrderSpecial Victims Unit, magari interpretato da Franco Nero. Ne ha preso atto e più che dirlo a chiare lettere al diretto interessato non può. La seconda è che è in atto una lotta intestina nella maggioranza sulla nomina del nuovo Governatore della Banca d’Italia. Silvio vorrebbe Fabrizio Saccomanni, mentre Giulio e il suo compagno di merende rinviate per proteste della base leghista, Umberto Bossi, preferirebbero il meneghino purosangue Vittorio Grilli. Saccomanni è fortemente sponsorizzato da Mario Draghi il quale, però, come tutti sanno, gode fama di essere il nemico numero uno di Giulio Tremonti. Fino a quando questa situazione non si sbloccherà, i rapporti fra i due sono destinati a rimanere tesi anzi, tesissimi. Come sull’orlo di una crisi di nervi sono ormai i rapporti fra gli stessi esponenti pidiellini, con Claudio Scajola e Beppe Pisanu che minacciano la creazione di due gruppi parlamentari separati. Come accade ormai da due anni, la situazione all’interno della maggioranza è caotica. Sono ai ferri corti, mentre sulla scena stanno comparendo le prime pistole, i primi mitra e il bazooka che Gnazio si è fatto prestare dal capo di stato maggiore dell’esercito; Gasparri sta cercando di far funzionare il lanciafiamme ma non è riuscito neppure ad accendersi un sigaro. Per rimediare a una situazione che rischia seriamente di compromettere il suo potere fino al 2013, Silvio sta pensando a due soluzioni. La prima è di costituire un nuovo partito, una forza collaterale al Pdl (ma costituita da pretoriani fedelissimi all’imperatore), che si chiamerà, con un grande sforzo di fantasia, “Forza Silvio”. La seconda è di togliersi definitivamente dalle palle le intercettazioni telefoniche, con un provvedimento che prevede il carcere duro e i lavori forzati per quei giornalisti che pubblicheranno conversazioni di “fatti non rilevanti”. Per Silvio, la colpa dei suoi sputtanamenti internazionali è tutta delle intercettazioni telefoniche e dei giornali di sinistra che le riportano fedelmente. Il problema, come sempre, non è quello di non commettere reati e di confessarne l’esistenza al telefono, è dei giudici che, indagando indagando, li scoprono e vogliono discuterli in tribunale; la logica è sempre quella, non si cura la malattia ma si cambia il protocollo medico: geniale! Se l’economia è a pezzi, se la disoccupazione cresce, se i giovani non hanno uno straccio di prospettiva, se lo spread aumenta e il mercato langue la colpa è dei telefoni e non di chi telefona, la colpa è di chi indaga e non di chi commette i reati, è nata, insomma, la Giurisprudenza secondo Silvio, destinata a dar vita al Codice Berlusconi che prenderà il posto del famigerato “Rocco”.
PS. È morto Steve Jobs. Aveva esattamente la mia età. Nel 1955 spirava un’aria strana, a livello planetario, forse una questione di congiungimenti astrali. Parecchi dei nati in quell’anno si sono portati appresso una voglia di cambiare il mondo che li ha accompagnati fino alla fine. Jobs il mondo lo ha cambiato sul serio, per molti versi è stato un rivoluzionario visionario che ha permesso a tutti di sognare, bastava attaccarsi a uno dei suoi infernali marchingegni. Ogni volta che presentava una sua creatura il mondo intero diceva: “Woow!” strabuzzando gli occhi e mettendo immediatamente mano al portafogli. C’è da dire un’altra cosa rispetto ai nati nel 1955. Forse solo Jobs ha cambiato il mondo ma, a nostro merito, possiamo dire che il mondo non è riuscito a cambiare noi.

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