Oplà! Ecco qui preso il treno.
Era così tanto che aspettavo che più di una volta ho pensato che avrei finito per arrivare in ritardo.
E invece ci sono salita. Mi domando per quanto tempo si sarebbe fermato ancora a questa stazione.
Magari ancora solo qualche ora o forse ancora per qualche giorno.
Sapete, non è che ci veda poi più così perfettamente, ho un forte astigmatismo e faccio sempre difficoltà a leggere tutti quei led luminosi che indicano gli orari alla stazione.
Comunque a un certo punto ho avuto la consapevolezza che il treno fosse arrivato, quindi con un po’ di sforzo sono riuscita a trovarlo e ho avuto la forza di salirci.
Perché comunque, salire su un treno, comporta sempre una serie di scelte più o meno coraggiose.
Per questo ho dovuto far affidamento a tutte le mie forze.
Ma oramai è fatta! Ci sono sopra e quindi arriverò a destinazione.
Le persone che sto lasciando in stazione sono abbastanza numerose e per adesso su questo vagone non c’è moltissima compagnia. Qualche curioso ogni tanto si avvicina e mi domanda dove io stia andando. All’inizio ero un po’ titubante nel rispondere, un po’ timida. Adesso va già meglio anche perché ho scoperto che le persone con cui parlo restano, qualche volta, affascinate nell’ascoltare di questo mio viaggio. Quasi come se regalassi loro una piccola luce; come se aprissi loro una finestra su una fermata di questo treno che non immaginavano potesse esistere.
Ammetto però, che nella stragrande maggioranza dei casi, gli avventori non sono interessati al mio viaggio: siamo sullo stesso treno ma il loro viaggio ha una destinazione completamente diversa dalla mia.
Mi ritrovo quindi per lungo tempo sola, qui seduta e cerco di godermi questo panorama che oscilla costantemente: quando è in trasformazione e quando è più statico … quasi mai in equilibrio.
Ci sono momenti in cui il panorama è talmente cambiato che sembra il treno abbia percorso centinaia di chilometri in un soffio; altri in cui, guardando fuori dal finestrino, visito luoghi talmente conosciuti che allora mi domando. «Ma che razza di treno ho preso?».
Cerco continuamente di non abbattermi, anche se a volte l’attesa per l’arrivo ad una stazione, fosse anche intermedia, risulta essere un po’ estenuante. Ogni tanto provo a rilassarmi e a spiccare un sonnellino. Quando va bene sogno di essere arrivata e allora mi immagino con un semplice abito fiorito, in riva al mare, a farmi accarezzare dal sole e dal vento.
Ma più spesso il frastuono del treno sulle rotaie ha la meglio e allora il sole si oscura e son venti di burrasca quelli che mi prelevano nel sonno.
Ma c’è poco da fare. Non si scende da un treno in corsa.
Non più.
[nella foto: Luigi Russolo (futurista)- Dinamismo di un automobile]