Padova - Piazza della Frutta - 7 Giugno 1984
Oggi sono trascorsi esattamente trent'anni dalla morte vera di Enrico Berlinguer. Perchè per me Berlinguer non è morto - come dicono i certificati - l'11 giugno 1984, ma è morto il 7 giugno, durante quel comizio, su quel palco di Padova, in Piazza della Frutta, quando nonostante l'ictus, e nonostante le invocazioni dei "compagni" (Basta, Enrico!) volle completare il comizio fino alla fine. Dopo l'inizio del malore, ricominciò con quella celebre invocazione ai compagni: "Compagni, lavorate tutti, casa per casa, strada per strada, azienda per azienda!"
Poi (ma solo POI), rientrò in albergo, si addormentò, entrò in coma, e non si svegliò più. Era morto mio fratello maggiore...
I funerali di Enrico Berlinguer - Un film per non dimenticare
Non mi dilungherò in analisi e retroscena politici. Molti, fra quattro giorni, lo faranno poù compiutamente di quanto non potrei fare io. La vita di Berlinguer, e l'eredità che ha lasciato, sono narrate meglio di quanto non si potrebbe fare con cento inchieste, dalle "facce". Si, ho rivisto per l'ennesima volta "quel" film", e per l'ennesima volta cogli occhi umidi. E' un film di tutti, senza padroni, perchè ad esso hanno contribuito (basta guardare i titoli di coda) decine di registi e operatori di tendenze, provenienze, età diverse. Da Bevilacqua a Blasetti, a Gillo Pontecorvo, a Benigni, a decine d'altri, TUTTI, come per un tacito accordo, hanno evitato di cadere nell'oleografia comoda e ad effetto. Niente primi piani del momento del "mancamento", nessuna insistenza su occhi bagnati dalle lacrime, nessun abuso di teleobiettivi per "ammucchiare" moltitudini virtuali in strade e piazze.
E tranne qualche coro spontaneo (Enrico, Enrico!), tanto assordante silenzio... E tante, tantissime facce. Un campionario di facce che è uno spaccato sociologico che ben descrive cosa sia stato l'amore per Berlinguer. Una sfilata di facce che è una dimostrazione "live" di cosa sia stato il trasversalismo del popolo di Berlinguer. Trasversalismo non politico, per carità! "Quando c'era Berlinguer" era molto chiaro, come nelle canzoni di Giorgio Gaber, cosa fosse la destra, e cosa fosse la sinistra. E non erano la stessa cosa. Nella folla muta che sfilava per un ultimo saluto a "Enrico", nessuno si meravigliava più di tanto nel veder alternarsi il Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, ad Almirante, guidato da Pajetta... Ma nessun Berlinguer si sarebbe sognato di rifare la costituzione con un fascista o con un pregiudicato...
A fiancheggiare il corteo funebre, dal "Bottegone" fino in Piazza San Giovanni, più di un milione di persone. Alcuni si fanno il segno della croce, molti salutano col pugno chiuso, e nessuno si sogna di trovare "incongruo" il comportamento dell'altro.
Facce... Tante facce... Poche lacrime esibite. Forse ognuno ha consumato le proprie lacrime in privato. Ma tante, tantissime facce attonite, smarrite, facce da orfani. Facce di chi non può crederci. Facce di chi NON VUOLE crederci. Facce di chi sa che forse non ci sarà più un nuovo Enrico. Facce di chi porta stampato nel cervello e nel cuore il viso di quell'uomo così schivo, che si vergognava persino di sorridere. Era una cosa che per lui, forse, era "sopra le righe".
Facce giovani e vecchie; facce segnate dal lavoro in fabbrica, e facce curate di giovani borghesi. E poi facce attonite persino di ragazzini e ragazzine, che avevano evidentemente metabolizzato discorsi e ragionamenti ascoltati in casa. Facce di persone di cui nessun politico avrebbe mai potuto neanche immaginare di comprare il voto per una mancetta di qualche boglietto da diecimila lire, per una scarpa sinistra e una destra, o per qualche pacco di pasta. Era un'Italia ricca? No, era solo un'Italia dignitosa, dalla quale miracolieri, parolai e venditori di prodotti per la ricrescita rapida dei capelli sarebbero stati espulsi a calci in culo o ridotti a fenomeni marginali da cacciare a colpi di monetine.
La folla. Immensa, composta. nessun "selfie" (per fortuna certe cose non esistavano). Ma neanche foto tradizionali, per documentare l'osceno "io c'ero". Nessun isterismo. Un composto, doloroso, attonito addio. E molti avevamo la coscienza che non ci sarebbe mai più stato un altro "omino della Presbitero", come alcuni vignettisti disegnavano Berlinguer.
Ho votato per più di trent'anni per il PCI-PDS-DS-PD. Prima con orgoglio e convinzione. Poi sempre in attesa che il miracolo dell'arrivo di un suo surrogato potesse ripetersi. Non si è ripetuto, e quest'anno, a trent'anni dalla scomparsa di Enrico Berlunguer, mi sono arreso. C'è un limite a tutto. Non ce l'ho fatta, a votare ancora una volta una "cosa" di destra, solo perchè porta un'etichetta di sedicente sinistra.
Grazie, Enrico, per avermi insegnato che si può fare politica anche senza urlare, e senza fare promesse mirabolanti. Forse un giorno persino gli italiani ritroveranno quelle dosi pediatriche di senso critico e di intelligenza, sufficienti a rimandare nel nulla da cui provengono, queste vannemarchi della politica che ci affliggono da vent'anni.
Enrico Berlinguer è vivo