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Trieste città multilinguistica

Creato il 08 gennaio 2011 da Ivy

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A Trieste si parlano moltissime lingue: italiano, sloveno, croato, serbo, greco, albanese e, nel caso degli ultraottantenni, tedesco. È quindi giustificata la preoccupazione che il forestiero manifesta al pensiero di un’ipotetica conversazione con un locale. Immaginerà, ad esempio, di dover far uso di una nutrita serie di dizionari e di una vivace gestualità.

Il turista si accosterà al giornalaio chiedendo in italiano una qualsiasi rivista. “Volentieri…”, si sentirà rispondere. Metterà allora mano al portafoglio per pagare la rivista, senza rendersi conto dell’inutilità del suo gesto.

L’edicolante, infatti, non è fornito della merce richiesta; ha usato soltanto una forma dialettale che, con audace sintesi, omette parte della frase di cortesia: “Volentieri, ma ne sono momentaneamente sprovvisto”.

Il forestiero di turno continuerà a fissare con sguardo interrogativo il commerciante, aspettando di vedere esaudita la sua richiesta. Di fronte all’imperturbabilità del venditore, si sentirà disarmato: neanche i suoi tre dizionari possono venirgli in aiuto in quanto la parola “volentieri” è italiana. Ma allora che fare?

Semplice: il forestiero che voglia anche solo passare da Trieste deve conoscere il triestino. Non l’italiano o lo sloveno e tanto meno il tedesco. È questa la straordinaria peculiarità linguistica di Trieste.

Pur trovandosi in territorio italiano, i triestini non sanno parlare l’italiano. Lo dimostra l’uso strampalato di congiuntivi e di condizionali: “Se gaveria tempo l’aiutassi volentieri” (“Se avessi tempo l’aiuterei”), “La dovessi chieder a l’altra mula” (“dovrebbe chiederlo all’altra ragazza”), “No savessi” (“Non saprei”).

L’estraneità alla lingua italiana emerge con particolare intensità nella domanda, forzatamente italianizzata: “Ma Lei parla sempre in lingua?” (“Ma parla sempre in italiano?”), dove sembra che l’unica lingua straniera contemplata dal triestino sia l’italiano.

Triestini che parlano in lingua.

Spesso, per adeguarsi all’interlocutore esterno che parla in lingua, il triestino inavvertitamente traduce espressioni dialettali in frasi italiane. Con i seguenti risultati.

Signora anziana snob: “Ieri sono andata insieme e non arrivavo a tirarmi su” (triestino italianizzato). “Ieri son ‘ndada insieme e no ‘rivavo a tirarme su” (triestino). “Ieri sono svenuta e non riuscivo a sollevarmi” (italiano).

Dal fruttivendolo. “Ma signora, non stia a bacilare per 30 lire!” “Ma siora mia, no la staghi bazilar per 30 lire”. “Ma signora, non si preoccupi per 30 lire”.

Al ristorante. “Vuoi cercare?”. “Te vol zercar?”. “Vuoi assaggiare?”.

Il marito alla moglie. “Mariella, ma quanto friggi!”. “Mariela, cos’che te frizi!”. “Mariella, ma quanto scocci!”

Dopo una pioggia torrenziale. “Occhio al plocchio”. “Ocio al ploch!”. “Sta attento alla pozzanghera!”. “Sono tutta slavazzata”. “Son tuta slavazada”. “Sono fradicia”.

Al campo sportivo. “Ma io sono cisto a giocare a tennis”. “Ma mi son cisto a zogar a tenis”. “Ma io sono una schiappa a tennis”.

Per la strada. “Mi sono tombolato“, variante “Mi sono tolato”. “Me son tombolà / Me gò tolà”. “Sono caduto inciampando”.

Dopo un rumore molesto. “Cosa nasce?”. “Cosa nasi?”. “Cosa è successo?”.

In ufficio. “Hai fraccato il bottone sbagliato”. “Te gà fracà el boton sbaglià”. “Hai pigiato il tasto sbagliato”.

Tra dirimpettaie. “Uffa questa bora! Mi ha inverigolato tutti i fili!”. “Uffa, ’sta bora! Me gà inverigolà tuti i fili!”. “Uffa, questa bora. Ha attorcigliato tutti i fili!”.

(Tratto da: Lucia Cosmetico – Claudia Mitri. TRIESTINI Guida ai migliori difetti e alle peggiori virtù)

Trieste città multilinguistica
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