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Trieste – cittàvecchia – bottega antiquaria -By Fabrizio Riccardo Castorina

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Trieste - cittàvecchia - bottega di antiquario — con Fabrizio Riccardo Castorina

La città vecchia – “cità vecia” in dialetto triestino – fu il centro storico di Trieste, risalente al periodo romano. Si estendeva dal fronte mare fino al Castello di San Giusto. Ai tempi di James Joyce contava circa 20.000 abitanti, che vivevano in condizioni di estremo sovraffollamento e disagio, spesso senza acqua corrente e servizi igienici.
Questa, di tutta la città, era l’area maggiormente abitata da gente di nazionalità italiana e religione cattolica (circa il 90%) ed essendo prossima al porto ospitava perennemente un grande numero di gente di passaggio (900-1000, in media), per lo più marinai.

In città vecchia si trovava anche la zona dei bordelli di Trieste, divisa tra il ghetto ebraico e l’area vicina al mare conosciuta come Cavana: vi operavano non meno di 40, 45 bordelli regolarmente registrati in cui almeno 250-300 prostitute offrivano i loro servigi a qualsiasi ora.

Inoltre l’area vantava un altissimo numero di caffè a prezzi economici, trattorie, osterie e “petesserie” (bar che servivano economici superalcolici, tra cui anche l’assenzio), che smerciavano giornalmente ingentissimi quantitativi di alcolici, ventiquattro ore su ventiquattro.

Come risultato, spesso, si avevano in questa zona risse, aggressioni a scopo di rapina, accoltellamenti e omicidi e qui emergevano molte delle tensioni latenti – etniche, politiche, sociali e religiose – che caratterizzavano il tessuto urbano di Trieste.

Ma la città vecchia era anche il domicilio di tantissime famiglie di marinai triestini, che passavano la maggior parte del tempo lontani dalla famiglia, imbarcati in viaggi che duravano settimane o mesi interi: alle loro spalle rimaneva una popolazione locale femminile pienamente capace di provvedere alle necessità delle famiglie.
Una delle aree più interessanti della città vecchia era – ed è – l’antico ghetto ebraico (costituito in seguito ad un decreto imperiale verso la fine del XVIII secolo), con le sue due storiche sinagoghe: la Scuola (o Tempio) Grande, che celebrava sia i rituali sefarditi che quelli ashkenaziti, e la vicina Scuola Piccola.
Nessuna delle due strutture, purtroppo, è sopravvissuta.

È perfettamente sicuro, d’altronde, che le vie affollate e labirintiche di questo angolo di Trieste, la molteplicità di razze e lingue – tutte quelle dell’Impero austro-ungarico, ma anche la maggior parte di quelle dell’intero Mediterraneo -mescolate tra loro, i numerosi bar dai prezzi estremamente contenuti e le accoglienti osterie ribollenti di vitalità, esercitarono un fascino molto profondo e duraturo sull’animo di Joyce.

Disponiamo di diverse testimonianze circa i suoi exploit nei quartieri notturni triestini e non sembra privo di significato che l’unica volta che Trieste viene menzionata esplicitamente in Ulysses, nell’ episodio di Eumeus, l’argomento riguarda un bordello, un omicidio e un episodio di contrabbando (il tutto è raccontato da un vecchio marinaio da poco sbarcato). A ogni modo la città vecchia che Joyce conobbe non esiste più.

Dal 1930 un progetto di demolizione completa ne rase al suolo una vasta area, rimpiazzando le strutture originali con moderni edifici adibiti a sedi amministrative e lasciando molti altri edifici abbandonati o in rovina. Recentemente, grazie ad un più ampio progetto di rinnovamento, si è cominciato a restaurare diversi degli edifici che erano rimasti in completo abbandono nella zona tra piazza Cavana e Piazza Barbacan.

Fonte Rete Civica Comune di Trieste

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