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Trieste Film Festival: Under the Sun di Vitalij Manskij

Creato il 11 febbraio 2016 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma
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Gruppo di famiglia nordcoreano in un interno. Ma la famiglia proposta dalle stesse autorità di Pyongyang al film-maker russo Vitalij Manskij, affinché ne filmasse la (presunta) quotidianità portando così a casa il suo documentario, si sarà comportata con spontaneità e naturalezza di fronte alla videocamera oppure sarà stata piazzata lì per una specie di pantomima, di recita a fini propagandistici? Chi conosce almeno un po’ la realtà sociale della martoriata nazione asiatica, da decenni in balia di uno stravagante (e violentemente repressivo) regime dinastico fatto passare per socialista tramite mistificazioni ideologiche realmente da brividi, immagina già la risposta. Ma chi ha potuto verificare tali presupposti proprio attraverso la visione di Under the Sun, il cui intelligente montaggio (corredato di illuminanti didascalie) svela con passo felpato e pochi accorgimenti registici la mistificazione in atto, si sarà fatto un’idea ancora più dettagliata, realistica, di come funzioni in Corea del Nord un sistema di controllo e di propaganda tanto grossolano quanto pervasivo, efficace.

Ci sarebbe tanto da dire sull’ottimo (e anche audace, considerando le particolari circostanze produttive che ne hanno accompagnato la nascita) lavoro del documentarista russo Vitalij Manskij, un tempo molto apprezzato in patria e ora soggetto a critiche, talvolta feroci, per l’acume del suo sguardo su realtà politicamente scomode e imbarazzanti. Precisiamo, intanto, che al 27° Trieste Film Festival il suo Under the Sun (V lučach solnca, in russo), che tante apprensioni ha creato all’apparato di partito del dispotico Kim Jong-un, è stato così apprezzato dalla preparatissima platea festivaliera da fruttargli l’ambito Premio Alpe Adria Cinema (euro 2.500) del Concorso documentari.
Il premio stesso (assieme alle tante domande e ai commenti, dopo la proiezione, di un pubblico particolarmente attento) è dimostrazione di quanto la visione di certe immagini renda partecipi, suscitando interrogativi e ponendo dubbi assai costruttivi sulla verità di ciò che si sta osservando.

Dopo aver dato (cosa già rara) il permesso di filmare a una piccola troupe straniera, integrata (e quindi controllata a vista) da tecnici e funzionari locali fedelissimi ai principi (qualunque cosa essi rappresentino) dello Juche, ossia l’ideologia marxista deformata caricaturalmente dai membri della famiglia Kim, le autorità nordcoreane hanno dato istruzioni affinché la famiglia prescelta offrisse al visitatore l’impressione di un idillio, come se la vita a Pyongyang potesse essere soltanto modello di fedeltà al partito, lavoro coscienzioso, benessere, apprendimento, felicità e unità famigliare.
Ma lo scaltro Vitalij Manskij, che ci figuriamo memore dei più primitivi “villaggi di Potemkin” che all’epoca tentarono di fornire un’immagine falsa e rassicurante della Russia zarista, ha saputo fare elegantemente lo slalom tra le trappole del regime nordcoreano, filmando ciò che gli dicevano di filmare, ma trovando anche gli interstizi necessari a far filtrare il proprio punto di vista: un punto di vista giustamente critico, acuto, capace di far risaltare le ombre di un sistema auto-celebrativo per molti versi svincolato dalla realtà.
Ed è così che Under the Sun si configura come una delle più stimolanti ricognizioni documentarie della vita in Corea del Nord, con cui ci si è confrontati in questi anni; da appaiare magari, in questo, all’altrettanto interessante The Propaganda Game dello spagnolo Álvaro Longoria, che avevamo visto pochi mesi fa al Festival di Roma.



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